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Recensione Luca Martini La geometria degli inganni
“Un padre e una madre, equidistanti dal suo dolore eppure così compiuti, una geometria perfetta, che si snoda nelle anse del corpo di un ragazzino che vuole crescere ma non sa da che parte voltarsi.
È una finzione, la loro, un rendere ideale ciò che sarà sempre normale, in un disegno preciso, di una correttezza disarmante. Una geometria degli inganni.”
(Brano tratto dal racconto “La geometria degli inganni”).
Leggo "La geometria degli inganni" e rimango stupita, un po' perchè oggi, come dice la bella prefazione di Gianluca Morozzi, i racconti sono un po' (ingiustamente, a mio avviso) snobbati, un po' perchè, fin dalle prime pagine, vengo investita dalla scrittura di Luca Martini, che ti si attacca addosso come una pioggia d'estate in una giornata afosa, con lo stesso piacere ed il medesimo sollievo, facendoti comprendere che il talento di Luca Martini esprime la personalità di uno scrittore che non ha paura di raccontare, di dire le cose come stanno, di svelarci le brutture che si depositano alla base delle relazioni che ognuno di noi vive nella propria vita. Il coraggio di parlare, insomma, di guardarsi dentro e di aprire quel vaso di pandora delle proprie debolezze raccontate con profondità commovente e lievità rassicurante. “La geometria degli inganni” è una raccolta di tredici racconti e rappresenta l'esordio narrativo dello scrittore bolognese Luca Martini, classe 1971, un autore che fino ad ora ha pubblicato tre sillogi poetiche (l'ultima, la più significativa, con l'editore Giraldi nel 2006, dal titolo "Partitura compiuta per pensieri distratti") e che si è segnalato alla critica per la pubblicazione di alcuni suoi racconti su riviste importanti quali “Toilet”, “Catrame Letterario”, “Fernandel” e “Il paradiso degli orchi”..
Come viene giustamente segnalato sulla quarta di copertina queste sono tredici istantanee, in bianco e nero e a colori, fotografate da un autore che rimane a distanza, che usa un teleobiettivo emotivo, senza prendere una posizione morale o di giudizio, limitandosi a prendere per mano il lettore e portarlo nei meandri delle vicende, cercando di fermare su carta quanto gli passa davanti e merita di essere narrato. Sono storie, queste, che ci rivelano la struttura degli inganni insiti nelle relazioni umane, tredici storie che scompongono pezzo per pezzo le dinamiche dei legami, mettendo a nudo la nostra profonda fragilità. Il libro, infatti, contiene spaccati di vita piccola, comune, come quella di qualsiasi lettore, che si riconosce nelle piccinerie dei protagonisti, nei sogni non confessabili, nelle debolezze di questi sconfitti. Sono racconti, questi, scritti in maniera tanto diversa quanto coinvolgente, che divertono pur essendo impregnati di disperazione di malinconia.
“Il corpo non sa mentire.
Ti riporterà tutto davanti, come un film senza attori, in un lungo
piano sequenza fatto di strappi e momenti di buio,
lenzuola bianche e camici odorosi, carezze sperate e propositi di gloria.
Ti farà male, quel corpo che non smette mai di parlare. Lo bestemmierai,
lo maledirai, lo masticherai, lo sputerai e, infine, lo digerirai, in un
ottobre nero, colmo di sguardi corti, senza peso.
Ed è allora che lo abbraccerai, facendolo tuo, finalmente,
tra baci e carezze, da far invidia a due giovani amanti
che si sono appena incontrati.
Nel fascino di un giorno appena nato sarai di nuovo
te stesso, tu e il tuo corpo, un’unica essenza composta di lacrime
e sabbia. E, come tutti, riposerai sfinito,
e ogni cosa sarà un ricordo sbiadito, come la musica che adesso non ti giunge più.
Mi guardo allo specchio, seguo la mia cicatrice e piango,”.
(Brano tratto dal racconto “Il corpo”).
Così, attraverso la prosa fluente ed efficace di Martini si scopre, con una poesia inaspettata, una coppia stanca che cerca di ravvivare il proprio menage senza troppe convinzioni (“Coppie”, forse il punto più alto del libro), un papà cialtrone che affascina un bambino che cerca di emularlo anche quando quell'uomo è debole e ferito (“Simba”), un giovane musicista allo sbando, che si arrabatta nel suo precariato vitalizio (“Adesso tu”), la caduta degli ideali della sinistra italiana visti attraverso gli occhi di un ragazzo che, tra dubbi e problemi, cresce e diventa uomo (“Un comunista”, racconto che, tra le altre cose, è valso a Martini il premio “Loria” per il racconto inedito, 'edizione 2008). E ancora due genitori che si ingannano a vicenda e vengono visti dallo sguardo triste di un figlio (“La geometria degli inganni”), fino ad arrivare ad un padre che non accetta l'omosessualità del figlio e giunge fino al gesto più disperato che un genitore deluso possa compiere (“Dita”). Con una scrittura piena di ritmo, agile, ironica, a tratti dura e sferzante, che cela uno sguardo profondo e al tempo stesso leggero, Martini ci conquista, parola dopo parola pagina dopo pagina, racconto dopo racconto, in un crescendo tecnico ed emotivo di stupefacente fattura. A mio avviso in questo autore si ritrova giù una personalità definita e matura, una voce nuova, originale e decisamente speciale, che non ti lascia indifferente e che, al termine della lettura, ti fa innervosire o per la fine troppo rapida (perchè non dice anche cosa è capitato dopo?), o per la voglia di leggerlo in una storia più lunga (a quando un romanzo?) o per il desiderio di entrare nel racconto e cambiare il gioco degli eventi (no, non farlo, c'è un'alternativa). C'è molto Carver in questo libro, scritto in maniera lucida, brillante, efficace, mai noiosa, a tratti poetica, marcata da una personalità originale e ispirata. Io credo che “La geometria degli inganni” sia un libro da leggere, perchè di questo autore, che cerca di raccontare la vita e le sconfitte dei suoi simili con la sensibilità di un poeta, sentiremo ancora parlare. Un plauso, poi, va anche questo piccolo, coraggioso e dinamico editore, la Voras Edizioni di Ravenna, che ha avuto l'intelligenza di mettere nero su bianco questo esordio narrativo di rara bellezza, scritto con una lingua, un ritmo e un minimalismo stilistico davvero sbalorditivi, un lavoro che promette grandi cose.
Morozzi, nella già citata prefazione, ci dice che l'autore è pazzo, che l'editore è pazzo, che noi lettori siamo cento volte pazzi perchè abbiamo creduto nel sogno di una piccola editoria, abbiamo letto le storie di un autore che ha deciso di non raccontare un giallo, un porno soft, un fantasy, un noir, perchè abbiamo acquistato un libro pubblicato da un editore minuscolo che rischia di essere stritolato dalle grandi case editrici più blasonate e vendute. Ma conclude anche che i pazzi, prima o poi, cambieranno il mondo.
E io, girata l'ultima pagina, già mi sento davvero una folle.
“Giovanni mi fissa con gli occhi dei soldati, di quelli che tornano
da una guerra e cercano di farti capire quello che hanno visto
senza parlarti. Poi gira la testa verso la strada e si mette a fissare
l’orizzonte con aria assorta, quasi indifferente. Guardandolo in
faccia percepisco il nulla, lo svuotamento totale. Si aspetta che gli
domandi se a lui è piaciuto, se Lei è stata brava, se era come se
l’aspettava, se è riuscito a farlo, finalmente. Aspetta invano,
perché non lo farò e non lo perdonerò mai per avermi portato al
fronte, a combattere una guerra senza armi.”
(Brano tratto dal racconto “Coppie”)
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