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Recensione La concezione predominante nella nostra cultura è che le azioni crudeli siano l’esito della personalità o del patrimonio genetico di chi le compie; ne consegue che, se vogliamo comprendere le ragioni di simili condotte, dobbiamo scavare all’interno di questi individui. Buoni da una parte e cattivi dall’altra, insomma; in mezzo una rete divisoria pressoché invalicabile. Chi compie il male (in qualsiasi forma) viene allora solitamente definito “cinico”, “cattivo” o “prodotto della nostra società malata”. Ma stanno così le cose? Sono davvero dei mostri questi individui? A detta di Piero Bocchiaro, autore di “Psicologia del male”, la risposta è no. La tesi sostenuta dallo psicologo nel libro pubblicato da Laterza mette in crisi la tradizionale (e rassicurante) dicotomia tra Bene e Male, sostituendola con una visione in cui chiunque, in determinate circostanze, può infierire contro un altro uomo. Sembra che quando noi esseri umani ci ritroviamo in contesti insoliti ed estremi diventiamo particolarmente vulnerabili al potere delle forze presenti nella situazione, al punto che tali forze prendono il sopravvento orientandoci verso condotte di segno negativo, inimmaginabili sulla base delle abituali caratteristiche di personalità. All’interno di ciascun individuo esiste dunque un potenziale di crudeltà – in qualche caso anche abbondante – che aspetta di emergere non appena si presenta l’occasione giusta. E’ difficile da accettare, ma questa prospettiva, come spiega l’autore, è sostenuta dai dati di numerose ricerche di psicologia condotte in laboratorio e sul campo a partire dagli anni Sessanta (ricerche di cui la gente comune, normalmente, è tenuto all’oscuro). Un libro assolutamente da leggere, piacevole anche per l’eleganza e l’accessibilità dello stile. Di damissa
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