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Recensione C’è una nota paradossale in questo libro: la felicità, quando diventa normalità e non una pausa tra momenti di dolore e di insofferenza, è un elemento di diversità insopportabile. Una condizione destabilizzante per chiunque venga a contatto con chi viva questa situazione. Ne consegue che l’intero impianto filosofico del libro è che l’uomo non nasce per vivere una naturale condizione di felicità, ma deve ricercarla, accettando di vivere una situazione di ansia, dolore o ricerca nel dubbio. Ma forse non è neanche questo, forse l’idea è che la felicità è immaginata come una condizione di beatitudine così elevata che non ci accorgiamo dei momenti felici che viviamo.La storia, originale e raccontata con una scrittura scorrevole e piacevole, parte da un concorso che il circolo culturale Galaverna decide di indire sul tema della felicità, per permettere ai giovani scrittori di esprimersi.Il concorso si realizza, viene indicato un vincitore, ma un giurato, il poeta Arturo Fradicio non è d’accordo con il risultato e scrive al giornale locale una lettera nella quale segnala il libro di un giovane che è felice da quando è nato, quindi è lui il naturale vincitore del premio stesso. Da qui parte il libro che vede coinvolti molti personaggi in una fantasmagorica girandola di situazioni, nelle quali si può trovare anche una satira sull’editoria, nel punto dove una casa editrice intende pubblicarlo, senza nemmeno averlo letto, solo perché ne parlano tutti. A nulla vale il giudizio di alcuni esimi giurati che sostengono che l’opera è così noiosa che dopo la seconda pagina si rischia di addormentarsi..Ma la genialità di questo lavoro è che, con una godibilità che non ti fa perdere nemmeno una parola, riesce a trattare con profondità un argomento centrale della nostra esistenza, anche immergendosi nei contesti personali dei diversi personaggi. Di Mino
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