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Recensione Roberto Masiero Una notte di niente
Storie insinuanti ed a volte aspre. Con qualche pausa di dolcezza per riaversi. Quando le ho immaginate, ancora prima di scriverle, mi prefiguravo i personaggi. Li preferivo spensierati e buoni, figurine delicate e molto positive, roba da Harmony. Invece mi si sono presentati davanti in massa, ognuno con un cartello di protesta, pieni di problemi, a muso duro. Reclamavano con forza il diritto alla propria inquietudine, a gridare come l’omino di Munch disperazione, magari afona, magari nascosta sotto la maschera dell’ ironia.
Hanno preteso di raccontare la vita che fanno, senza chiudere mai il cerchio della comprensione definitiva. Qui non si danno spiegazioni gratuite. Certo sono rappresentati sentimenti, per così dire consueti (l’umanità ha almeno questo di buono: il persistere nel tempo della propria sfera affettiva!), ma anche lotta per la sopravvivenza, delusioni, nevrosi, riscatti.
Su tutto ciò aleggia l’illusione fragile della nostra vita e l’impenetrabilità del mistero che la pervade interamente. Molti dei protagonisti di questa raccolta vivono, come si dice, “ borderline” rispetto alla normalità. Viaggiano immersi nelle tragedie manifeste della stupida guerra o, per contrasto, agiscono in un mondo che potrebbe sembrare di favola, in cui l’apparente leggerezza, lo scrollare le spalle scavano solchi profondi, a tracciare barriere incolmabili tra le aspirazioni ed i limiti delle proprie umanissime risorse.
Anche quando prevale il registro brioso non è meno cruda la denuncia contro l’ insensibilità, o contro l’intolleranza sociale verso la diversità, o per la condizione di esclusi a priori; con un sorriso non è meno straziante il grido lanciato verso un cielo lontanissimo ed incomprensibile. Eppure è avvertibile un bisogno viscerale di Dio, invocato a disgelare l’altrimenti incomprensibile Progetto.Questi testimoni ci appaiono, forse, come dei fantasmi, ma sono pur sempre simboli della nostra personale vicenda esistenziale.
Esiste un Veneto stereotipato del lavoro operoso: giù a testa bassa a fare soldi, lontano dalle dispute morali.
Perciò non è un caso che queste storie, a loro modo irritanti, siano spesso ambientate nei dintorni di Treviso, Venezia, Padova e si aprono al mondo: delineano destini più complessi. I racconti possono urtare ed apparire cattivi, perfino immorali. Ma è bene ricordare che la letteratura deve essere anche specchio dell’interiorità e provocazione: spesso proprio da quest’ultima scaturisce la riflessione più sincera e critica contro i luoghi comuni ed il perbenismo.
Prime protagoniste sono le donne, in perenne contrasto con un destino inclemente che vorrebbe fagocitarle, usando come un’arma il proprio incredibile potere di omologazione.
Donne o anche mancate donne, che la maternità potenziale arricchisce di sacralità. Mai rassegnate alla predestinazione, al ruolo succube assegnato in società, dalla natura o anche dai pregiudizi: ci appaiono moderne umanissime dee anche quando perdono irrimediabilmente. In sé trovano la forza per una ribellione personale, talvolta con l’impulsività della disperazione e si riappropriano di uno spazio di libertà angusto e dunque prezioso.
Agiscono, passionali come le dee classiche e come loro sono capaci di influenzare il fato o di esserne lo strumento, ma cosciente: dee che vanno contromano. Tracciano percorsi senza mete stabili, vivono intensamente senza certezze. In fondo anche questa è la vita: cercare appassionatamente la felicità, o almeno il divertimento. Così come fanno i giovani che si spostano instancabili, di notte, a cercare piacere tra un locale ed un altro. O almeno a consumare la notte, una notte di niente.
Una notte di niente (Editing Edizioni) (2005)
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