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Recensione Nikolaj Gogol' Nelle intenzioni dell’autore Nikolaj Gogol, “Le anime morte” (1842) avrebbe dovuto costituire una nichilista e tragica “Divina Commedia” con tre canti simili a quelli creati da Dante: un Inferno (la Russia violenta e corrotta del tempo, elevata a simbolo della società umana), un Purgatorio (in cui si realizzava una parziale purificazione) e un Paradiso (la Russia e il mondo intero, redenti dalla sua opera letteraria in grado di risvegliare le coscienze). Riuscì a pubblicare soltanto il primo volume col titolo mutato in “Le avventure di Cicikov” (il cambiamento gli fu imposto dalla censura). Vi si narra di Cicikov, truffatore plebeo intenzionato a fare il salto nella ricca borghesia, che va in giro per la campagna russa acquistando a poco prezzo le «anime morte» (i nomi dei servi della gleba deceduti ma ancora vivi per lo Stato), allo scopo di ottenerne terre ed ipoteche; millantandosi da milionario, eccita l’ingordigia e la viltà dei possidenti e dei funzionari del luogo, gente squallida e senza scrupoli, spiritualmente gretta e corrotta. A proposito di un direttore di segreteria pieno di sé, Gogol scrive: «Orgoglio e nobiltà... Prometeo, un autentico Prometeo!... In società e alle serate, se ci sono tutti gradi bassi, Prometeo resta Prometeo, ma se sono un po’ più alti del suo, in Prometeo c’è una tale metamorfosi che neanche Ovidio ne ha mai inventata una così; una mosca, si è ridotto a una mosca, meno persino di una mosca, si è ridotto a un granello di sabbia! - No, non è Ivan Petrovic - dici guardandolo...». (Come non ricordare “La metamorfosi” di Kafka, racconto-incubo di un commesso viaggiatore stritolato dal fallimento e dalle necessità familiari, il cui corpo si trasforma in quello di un grosso insetto!)
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