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Recensione Il breve saggio del noto filosofo italiano si costruisce intorno ai presupposti politico-epistemologici del fallibilismo popperiano e della scuola austriaca di Von Mises e Von Hayek.Se non c'e' dubbio alcuno che la societa' aperta-secondo Popper-abbia avuto inizio in Occidente con Pericle-e abbia trovato in Platone il suo piu' irriducibile avversario-altrettanto certo e' il fatto che una societa' realmente aperta debba essere pluralista e debba dunque rigettare qualsiasi monismo teorico e politico. Proprio la prospettiva relativista moderata s'impone come scelta teorica obbligata per il fallibilismo che, in ossequio a questa interpretazione del reale, non possiede alcun criterio per decidere quale sia la societa' perfetta o quale etica sia da preferire in assoluto. Storicamente la figura piu' congeniale -sotto il profilo filosofico-per il fallibilista non puo' che essere Socrate perche' consapevole -proprio come lo era il filosofo greco-che l'unica scelta onesta intellettualmente da compiere sia quella di dichiarare la propria ignoranza rifiutando qualsiasi utopia totalizzante -che solitamente coltivano i pensatori totalitari come Platone,Hegel o Marx-e di accettare la non prescrittivita' delle norme morali che altro non sono che proposte e non proposizioni indicative.Proprio su questi presupposti epistemologici si puo' fondare una reale democrazia perche' e' proprio il relativismo dei valori a costituire la scelta obbligata per il cittadino democratico. Ebbene il socialismo reale-unitamente al totalitarismo fascista o nazista-ha con disprezzo rifiutato tutto cio' perche' non ha compreso che rinnegare il libero mercato e la proprieta' privata equivale a negare la possibilita' stessa che la democrazia si possa affermare. Naturalmente per il liberale fallibilista neppure il realismo politico puo' essere condiviso poiche' la pace e' un obiettivo imprescindibile nelle relazioni internazionali mentre la guerra determina solo danni devastando vite umane e capitali. Sotto il profilo squisitamente filosofico,il liberale fallibilista deve prendere posizione contro il costruttivismo-noto anche come razionalismo cartesiano ed illuminista- secondo il quale tutte le istituzioni sono la conseguenza di una pianificazione intenzionale frutto di deliberate scelte compiute da gruppi o singoli.Al contrario, per il liberale fallibilista innumerevoli sono le conseguenze inintenzionali delle nostre azioni,conseguenze che ci inducono a prendere atto-con la dovuta ironia-che l'uomo non e' stato mai padrone del proprio destino poiche' la ragione umana e' limitata e riconoscerlo equivale a compiere un importante- per quanto difficile- esercizio di scepsi razionale.Ed e' proprio sulla consapevolezza della inevitabile ignoranza dei numerosi fattori che determinano le nostre scelte, che si fonda la possibilita' della liberta',possibilita' naturalmente rifiutata dallo storicismo che presume di conoscere con esattezza le ineluttabili leggi che regolano il corso della storia. Un'altra tesi assai cara al fallibilista, e' quella secondo la quale solo una interpretazione nominalistica del reale puo' evitare l'uso di concetti astratti-quale storia e societa'-che ci allontanano dalla concretezza dell'individuo:non e' il partito o la storia-in altri termini-a imporre alcunche' ma sono solo i singoli individui a compiere determinate scelte.Al collettivismo metodologico il fallibilista deve dunque contrapporre l'individualismo metodologico secondo il quale solo l'azione dell'individuo e' realmente comprensibile. L'immediato risvolto politico e' il rifiuto di tutte quelle teorie storico-filosofiche-come il marxismo,la psicoanalisi,lo storicismo hegeliano- che vorrebbero pensare l'individuo a partire da entita' astratte e che lo conducono non verso la propria emancipazione ma verso il proprio assoggettamento. GAGLIANO GIUSEPPE Di prupitto
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