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Recensione Giuseppe Scuderi Giuseppe Scuderi, Sopravvissuti ad una notte di ghiaccio. “Perché temo che ti possa far male sentire che la vita nella sua semplicità possa essere tanto bella” (S. Kierkegaard). In questa massima kierkegaardiana credo che sia contenuto il vero messaggio del romanzo di Giuseppe Scuderi, catanese, laureato in psicologia che esordisce nel mondo della letteratura con il suo primo romanzo dal titolo “ Sopravvissuti ad una notte di ghiaccio”, edito da Giovane Holden edizioni. Giovanni o Giò, come lo chiamano tutti, è il protagonista del romanzo, un professore dagli occhi tristi che giunto alla vecchiaia decide di scrivere le sue memorie. Inizialmente il romanzo sembra intessuto sullo schema della fabula ma attraverso il flash back Giò ritorna indietro nel tempo, agli anni della sua infanzia confortati dal costume con l’elefantino. Ma oltre alle solite fobie una vecchina incupisce la sua spensieratezza. Trascorrono gli anni e il costume con l’elefantino, il suo portafortuna, cede il posto ad un altro portafortuna che tale resterà fino all’età adulta. Determinante è il ruolo della madre “con il vestito a fiori viola e verdi che fa profumo di buono”, con la quale instaura un rapporto che sembra tradire all’inizio un atteggiamento edipico da parte del protagonista smentito poi nel corso del romanzo. Nel suo iter non manca la figura femminile rivestita da “profumi” stilnovistici. Due le donne più importanti della sua vita: Lene e Caterina, alle quali si legano i due concetti di attesa e speranza. Giovanni scopre nella fase dell’adolescenza e matura qualcosa in lui: La Poesia. La poesia è per l’autore “dare una casa a Parole abbandonate”, come lui stesso la definisce. Da adolescente e anche adesso che è anziano, nei momenti di dolore, “raccoglie le parole abbandonate dentro di lui e dà loro una casa” . La scrittura assume quindi, nel romanzo, una funzione catartica e consona è l’attribuzione medicina doloris. Dal sapore sveviano, la scelta della scrittura, che accosta poesia e prosa, è una soluzione proposta a Giò anche da Nicola, l’amico dell’adolescenza, lo psicologo on-line, che, insieme a Michele e Franz, contribuisce alla sua maturità. E come ad una serata tra amici, tra birra e sigarette, trovano il loro posto Hegel, Kierkegaard con i loro pensieri incomprensibili alle menti di loro adolescenti e degli adolescenti in genere che si accostano alla filosofia non come esercizio della mente ma come una materia loro imposta. La razionalità hegeliana viene contrapposta alla irrazionalità tutta giovanile di Giò e dei suoi amici ma in una sorta di contrappasso dantesco loro, i giovani ragazzi si ritrovano con “abiti” nuovi che non hanno scelto perché spesso non si vive la vita che si sceglie ma quella che ti è capitata, sostiene l’autore. Nella loro “razionalità-irrazionalità” giovanile l’abbandono- morte e attesa-speranza appaiono come due facce della stessa medaglia ma in verità l’una conseguenza dell’altra. Amore, sesso, amicizia e, perché no, anche la prima uscita in macchina con gli amici, una quotidianità che apparentemente sembra assumere per tutti lo stesso “colore” ma è racchiusa invece in una scatola dalle facce diverse. In questa scatola paragonabile alla scatola delle sorprese Giò e i suoi amici trovano anche la morte. Nella razionalità hegeliana il protagonista non trova infatti posto per la morte “che non è poi così comprensibile…”; la morte fredda e implacabile, che su tutto posa la sua mano gelida, viene presentata in abiti materialistici dalla reminiscenze foscoliane. Sintatticamente il romanzo costruito quasi interamente sulla paratassi, si carica dello stato d’animo dello scrittore che scrive secondo un periodare che è il riflesso del “suo momento”. Infatti è possibile notare due stili: uno concitato, nervoso sintomo di quell’istintività tutta giovanile soprattutto nella prima parte; e uno più scorrevole e maturo nella seconda parte. Il romanzo di Giuseppe Scuderi ha le caratteristiche del romanzo di formazione nella formula dell’autobiografia: Giò percorre il suo cammino verso la maturità e l'età adulta, racconta le sue emozioni, i sentimenti, i progetti, e le azioni compiute e viste con gli occhi dell’adulto, del padre, del professore. Quest’ultimo carattere del suo romanzo conferisce all’opera una funzione didattica-pedagogica rivolgendosi ai lettori di tutte le età. RosaMaria Crisafi Di Sosuccia
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