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Recensione Selma Lagerlöf La saga di Gösta Berling
“La saga di Gösta Berling (Gösta Berling saga)” (1891) è il primo romanzo in due volumi di Selma Lagerlöf. Storia ispirata dal severo spiritualismo calvinista dello scrittore scozzese Thomas Carlyle (1795-1881), sospesa tra epica e mito, racconta di un giovane prete alcolizzato, bello e dannato (dolente rappresentazione autobiografica dell’amato padre), costretto ad abbandonare la parrocchia e a vivere d’elemosina, accolto dalla Signora di Ekeby (sola e infelice ma molto ricca) insieme agli altri cavalieri di Ekeby, dodici buontemponi senza patria ma pieni di gioia di vivere e dediti alla bella vita. Questo romanzo ha ispirato nel 1923 il film violento e drammatico del grande regista finlandese Mauritz Stiller (1883-1928) - vi apparve per la prima volta l’attrice svedese Greta Garbo - e nel 1925 l’opera lirica “I cavalieri di Ekebù” di Riccardo Zandonai (1883-1944), ancora oggi molto rappresentata.
Di formazione antinaturalista, in questo romanzo Selma scriveva della Natura dominatrice e madre-matrigna: «La paura è una strega. Siede nell’ombra dei boschi e canta magiche canzoni che, giungendo alle orecchie degli uomini, riempiono il loro cuore di cupi presentimenti... La natura è maligna, insidiosa come una serpe addormentata; di lei non ci si può fidare. Ecco il lago di Loven che si estende in tutta la sua bellezza radiosa, ma non te ne fidare!... Ed ecco il bosco, allettante regno della pace e del silenzio, ma non ti fidare... Non ti fidare del ruscello con la sua acqua limpida!... E non ti fidare del cuculo… Non ti fidare del muschio, né dell’erica, né dei macigni. Maligna è la natura, dominata da forze invisibili che hanno in odio l’uomo.». Coinvolta però anche dall’incanto della Natura, dal suo universo stupendo e incontaminato, così aggiungeva: «Chi vuol vedere i veri rapporti tra le cose, deve lasciare la città e andare ad abitare in una capanna solitaria al margine del bosco... Imparerà allora a conoscere e ad osservare tutti i segni della natura, e comprenderà in quale misura le cose inanimate dipendano dalle cose viventi. Si accorgerà che la pace delle cose inanimate viene disturbata non appena regna l’inquietudine... spesso mi sembra che le cose inanimate sentano e soffrano con i viventi. La barriera tra loro e noi non è così insormontabile come gli uomini credono... Lo spirito della vita alberga ancora nelle cose inanimate. E cosa ode, mentre giace in un sonno senza sogni? Ode la voce di Dio. Ascolta anche quella degli uomini?».
Di Silvia Iannello
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