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Recensione L'autore,uno dei massimi studiosi italiani di storia navale,delinea in questo saggio il ruolo della marina italiana durante gli anni piu' problematici della cold war.A conclusione della seconda guerra mondiale ,la zona operativa dell'Adriatico rappresentava uno degli snodi marittimi piu' complessi a causa di Tito e l'appoggio della Royal Navy -in un primo momento e quello americano a partire dagli anni cinquanta -contribuirono da un lato a ridimensionare il legame di Tito con l'Urss e dall'altro lato a indurre la marina italiana a rafforzare il proprio dispositivo con la realizzazione della MC 490 che tuttavia non fu in grado di sopperire ai limiti strategici della politica navale italiana.Solo a partire dagli anni sessanta, gli americani-obtorto collo- riconobbero la rilevanza del teatro adriatico assegnando al nostro paese una brigata di marines in grado di dispiegarsi rapidamente e inducendo lo stato maggiore della marina a rendere operativo il Battaglione San Marco attraverso esercitazioni anfibie.Anche lo scenario albanese-dominato dal dittatore Hoxha-rappresento' per la marina italiana un potenziale pericolo a causa,in primo luogo, della realizzazione di una base di sommergibili della classe “Whisky”nell'isola di Saseno possibile solo grazie alla collaborazione sovietica e,in secondo luogo,della fornitura da parte della Cina - a partire dal 1965- delle P4 e di 32 aliscafi motosiluranti.Ad ogni modo,la dislocazione nel Mediterraneo di battelli russi convenzionali ed, in particolare la realizzazione dei missili antinave KENNEL/AS-1,rappresentarono un pericolo di tale portata da indurre la NATO a rivedere le proprie scelte in materia strategica rafforzando di conseguenza in modo considerevole il proprio dispositivo marittimo e contribuendo ad ampliare il ruolo della marina italiana che tuttavia non fu in grado di compredere la necessita' di dotarsi di una aliquota adeguata di corvette e fregate a causa della politica militare acquisciente dello stato maggiore e della scelta dei vari esecutivi di privilegiare la modernizzazione delle altre forze armate. Un esito fallimentare analogo-che ebbe tuttavia ripercussioni di maggiore rilevanza-fu rappresentato dalla mancata attuazione di una politica militare nucleare italiana autonoma da quella americana.Nonostante la realizzazione avveneristica del CAMEN voluta dalla marina italiana e il programma NATO MLF che tuttavia non trovo' mai concreta realizzazione- il diktat americano-e in particolare l'opposizione “bipartisan del Senato e del Congresso americano”(p.45)-,i veti incrociati dei francesi e degli inglesi contribuirono a far tramontare in primo luogo la legittima ambizione italiana,in secondo luogo a far tramontare l'aspirazione a costruire un battello nucleare -denominato MARCONI e che avrebbe dovuto essere realizzato dai CRDA di Monfalcone e di cui l'ammiraglio Cocchia si fece autorevole interprete e ,in terzo luogo,contribuirono a far naufragare il progetto di una nave rifornitrice nucleare denominata FERMI annnuciato nel 1966 e definitivamente abbandonato nel 1971.Solo tra il 1968 e il 1975, grazie al profondo cambiamento impresso da De Gaulle alla politica estera e alla politica militare,fu possibile per l'Italia superare l'opposizione americana e portare a buon fine da un lato la vendita da parte della Francia all'Enel di mille chilogrammi di uranio arrichito per alimentare la centrale di Montalto di Castro e dall'altro lato consenti' al nostro paese di siglare nel 1974 l'accordo TRICASTIN.Anche la realizzazione negli anni sessanta del VAK 191 B-caccia leggero a decollo verticale-possibile grazie alla collaborazione tra Italia e Germania- rappresento' un successo -seppure di modeste dimensioni-,successo che tuttavia fu oscurato sia dalle scelte dell'esecutivo di rafforzare esercito e carabinieri per reprimere efficacemente I focolai di guerriglia urbana presenti nel nostro paese sia dalle decisioni del Ministro Tremelloni -nella seconda meta' del 1966-”di tagliare I fondi per le nuove costruzioni silurando sia le quattro nuove corvette sia I due sommergibili”(p.76-77).Se gli accordi di Osimo del 1 ottobre 1975 posero fine alla conflittualita' permanente tra Jugoslavia e Italia consentendo alla marina di “allegerire I propri compiti”nello scacchiere adriatico,la realizzazione sovietica dei missili SS-N-2 STYX e il loro uso nel 1967 contro il cacciatorpediniere israeliano ELIATH,indussero gli stati maggiori NATO e USA a rivedere le loro scelte strategiche e la marina italiana ,in particolare, ad attuare una innovativa scelta tattica denominata tattletale supportata dalla stesura del Libro Bianco -vero e proprio documento strategico di ampio respiro-e alla approvazione della Legge Navale 1975 nonostante proprio negli settanta il direttorio economico franco-tesco avesse emargito il nostro paese.Solo le pressioni americane e l'installazione dei CRUISE a Sigonella consentiranno all'Italia di riprendere quota nello scenario internazionale. Solo se il nostro paese sara' in grado di applicare nel contesto specifico della politica estera e della politica militare l'approccio metodologico del realismo politico -sapendo valorizzare di conseguenza il ruolo operativo della marina-riuscira' a competere autorevolmente nell'ambito internazionale. Gagliano Giuseppe Di prupitto
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