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Recensione Paola Dei

Paola Dei

Tra gioco e arte, imparare ad imparare...

TRA GIOCO E ARTE, IMPARARE AD IMPARARE CON ESPERIENZE GESTALTICHE E MAPPE

COGNITIVE Edizioni ARMANDO di Paola Dei e Chiara Ganbarini Prefato da Boris Luban Plozza
Il testo è stato anche recensito su Riviste Scientifiche, sulla Vita Scolastica delle Edizioni Giunti e su Vita dell’infanzia sempre a cura delle Edizioni Giunti.
RIVISTA ARTI TERAPIE Maggio Giugno 2002 Articolo di Concetta di Benedetto
Tra Gioco e Arte....
“Quando si parla di educazione e di prevenzione sono sempre molte le domande alle quali dover rispondere....”
Quante volte nell’ascoltare i termini “educazione” e “prevenzione”, ci siamo posti mille domande, tante volte senza riuscire a darci delle risposte concrete?
In questo libro “Tra gioco e arte” Armando Editore, prefazione di Boris Luban Plozza, Prof. Dr. Med. Phil. Hc., Paola Dei e Chiara Gambarini, operatrice didattica per bambini, hanno cercato una comprensione più profonda delle tappe di sviluppo di un individuo per poter riuscire a rispondere a queste domande e per far giungere ogni allievo alla consapevolezza motoria, sensoriale, emotiva, cognitiva, affettiva e relazionale. L’obiettivo del testo è quello di proporre, attraverso una pedagogia e psicologia integrata, un percorso con l’ausilio del linguaggio dell’arte, linguaggio universale e onnicomprensivo, facendoci scoprire che dietro ad esso si celano due dimensioni, dei piani spazio-temporali paralleli, quello interno all’individuo, collegato direttamente al reale e quello esterno dello stesso, che riguarda la realtà circostante. In altri termini, leggendo il testo è possibile viaggiare, attraverso un linguaggio comune, quale quello dell’arte, per le strade della didattica e della prevenzione. Questo, come tutti i viaggi, è pieno di sorprese: dalla scoperta di se stessi a quella del mondo esterno, quindi alla conoscenza degli altri. “Un viaggio che vuole condurci verso l’uomo del possibile”, dove fondamentali risultano essere variabili psicologiche quali la consapevolezza percettiva dello spazio, del proprio sé corporeo, dell’ambiente, ecc.
Di fondamentale importanza, in questa educazione, è cominciare fin dai primi anni dello sviluppo di un individuo, cosicché il bambino, prendendo consapevolezza delle proprie emozioni, potrebbe imparare a gestirle, modularle, elaborarle, anche e soprattutto attraverso l’accettazione del proprio mondo immaginario, come mero elemento concreto e non come una dimensione spazio-temporale puramente astratta. Attraverso questo tipo di percorso, il processo che ne scaturisce mira allo sviluppo delle capacità e qualità creative e critiche dei ragazzi, oltre che stimolare sia la possibilità di effettuare delle scelte personali che la capacità di assumersi delle responsabilità. Inoltre, l’insegnante secondo questa ottica, non è un semplice didatta, ma “un accompagnatore” , una guida e non l’unico portatore di verità precostituite. Spesso però accade che la didattica privilegi nel bambino solo l’aspetto cognitivo, favorendo sì una acquisizione delle competenze di base, ma tralasciando lo sviluppo della creatività e l’attitudine ad esplorare, all’interno della quale, invece, si ha la possibilità di esprimere con maggiore libertà le emozioni e le sensazioni, fondamentali per i vissuti esperienziali. E’ in questa fase che la consapevolezza corporea diviene la sede per scoprire e capire le emozioni.
All’interno di questo tipo di educazione pedagogica sono implicite l’azione e la relazione attiva, dove il bambino diventa così l’attore del processo di crescita e non più un recettore passivo con un unico portatore di statiche verità.
E’ a questo proposito che si fa riferimento all’unione tra esperienza e conoscenza, due binari che camminano parallelamente, poiché l’esperienza corporea è il nucleo centrale del percorso esperienziale, che permette di creare un equilibrio, a mio parere inscindibile, tra mente e corpo, tra sensorialità. motricità e sfera cognitiva.
Le due autrici fanno riferimento a due dei concetti fondamentali di Winnicott, attraverso i quali lavorano con i ragazzi: lo spazio transizionale, che funge da ponte fra mondo interno e mondo esterno, e l’holding che corrisponde all’ambiente contenitore. Nel primo, attraverso il gioco, il bambino, mentre costruisce il proprio io, costruisce la sua realtà esprimendo in maniera simbolica il suo mondo, il secondo, cioè l’ambiente contenitore, permetterà al bambino alunno, di partecipare alle esperienze formative sentendosi sostenuto e protetto.
Il testo basa la sua metodologia sui principi della Gestalt, i cui obiettivi sono soprattutto quelli di favorire da una parte l’adattamento creativo del Sé nell’interazione con l’ambiente, dall’altra quello di promuovere le qualità personali dei ragazzi, cercando di aiutarli a raggiungere la consapevolezza. Infine, nel libro viene proposta una sintesi del progetto didattico-formativo, all’interno del quale è possibile esplorare un percorso di prevenzione alla salute, sperimentando in maniera ludica, con i ragazzi, le emozioni, le sensazioni ed i disagi ad essa connessi.
E’ un viaggio interessante attraverso grandi pittori, quali Kandinskij, Botero, Arcimboldi, Mirò, Klein, che offre la possibilità di giocare sia sull’immagine di Sé che sull’esperienza di ciò che significa “il mio corpo”. Auguro a tutti una piacevole lettura.
QUADERNI DI GESTALT a cura di M. Spagnuolo Lobb e G. Salonia Numero 30/31 Anno XX Rivista scientifica semestrale di Psicoterapia della Gestalt. Articolo di G. Sampognaro
Ecco un’altra opera opera che palpita di entusiasmo e creatività, e che è rivolta a chi lavora nel mondo della scuola e della educazione in genere. Paola Dei, psicoterapeuta e artista, e Chiara Gambarini, operatrice museale, hanno qui sintetizzato e codificato le loro esperienze e ci presentano una serie di percorsi didattico-espressivi fruibili da insegnanti “illuminati”; da tutti coloro quindi che desiderano utilizzare le immense risorse dell’arte nelle sue varie declinazioni con finalità non tanto didattiche quanto formative, nel senso più nobile del termine.
Il testo si articola in due parti. La prima, più squisitamente psicologica e ricca di spunti operativi, consiste nella presentazione di cinque itinerari educativi che utilizzano l’opera, l’espressività e la poetica, di altrettanti artisti: Kandinskji, Botero, Arcimboldi, Mirò, Klein. Il bambino è condotto per mano lungo un sentiero ideale attraverso il mondo sensoriale di ogni pittore, per affiorare poi nel suo mondo di significati; un viaggio che lo porta alla scoperta di aspetti di sé ancora inesplorati. Particolarmente pregnante, a tale proposito, il lavoro che prende spunto dall’opera di Botero per conseguire una maggiore consapevolezza del Sé corporeo. Il piccolo alunno è invitato a giocare con la propria immagine fisica, la rappresenta graficamente così come la vede e come vorrebbe che fosse, la stravolge con specchi e lenti deformanti, la ridicolizza, la enfatizza, per scoprire, alla fine, come il concetto di bello sia estremamente soggettivo, strettamente connesso alle emozioni che il corpo vissuto evoca.
La parte del libro curata dalla Gambarini, riporta invece itinerari didattici centrati sulla preparazione, sulla realizzazione e poi sulla assimilazione, in termini di apprendimento, di visite scolastiche a mostre ed esposizioni artistiche all’interno di grandi musei.
Qui l’accento è posto sulla decodifica degli stimoli, sull’approfondimento del rapporto fra bambino e opera d’arte, e sullo sviluppo di una sensibilità estetica che non sia solo una fruizione passiva, ma che conduca a scoprire la risonanza intima che ogni specifica esperienza visiva, e il suo contesto fisico e psicologico, determina. Il confronto con il testo della Oaklender è inevitabile. In entrambi i casi il gusto dell’esperienza prevale su qualsiasi altra considerazione teorica.
Nel libro di Dei-Gambarini è presente una riflessione iniziale che illustra i fondamenti epistemologici su cui sono centrati i contenuti, si parla di Gestalt e di adattamento creativo, di Winnicott, e di gioco come oggetto transizionale, di Piaget e di mappe cognitive, di Rogers, di Popper, di Tomatis. Ma come tutte le posizioni eclettiche, anche questa risente di una mancanza di un punto di riferimento teorico forte, che ispiri e connoti il lavoro integrandolo in un quadro esplicativo chiaro e decifrabile. Si tratta di un limite non sostanziale per altro dichiarato dalle Autrici che, con quel sottotitolo che allude a esperienze gestaltiche e mappe cognitive (come a voler operare una sintesi alchemica) lasciano chiaramente intendere di non voler essere catalogate da nessuna parte. A loro va bene così. E a noi- se consideriamo il valore propulsivo e progettuale del libro- pure.

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