|
Scrittori presenti: 21052 Menu categorie Menu |
Recensione Claudio Morandini Tra le mura di un palazzo, sperduto nei boschi, prendono vita i personaggi del secondo romanzo di Claudio Morandini dal titolo Le Larve. L’origine del termine larva, che in latino significa fantasma, chiarisce l’atmosfera dell’opera di Morandini costruita sull’ humus del romanzo gotico nell’accezione di romanzo “spaventoso”, caratterizzato da ombre e oscurità, luoghi tetri e tenebrosi, fiumi melmosi e boschi. E questa è la sensazione che si percepisce leggendo le pagine de Le Larve, ambientato in un palazzo la cui vastità incute timore per le sue dimensioni non misurabili. Il romanzo è incentrato sulla figura del protagonista, l’io-narrante, che attraverso il ricordo-racconto della sua vita, tra passato e presente, fa rivivere i personaggi che hanno popolato il palazzo. Soprattutto uno, il nonno, un uomo potente e ferino che con la sua violenza e crudeltà ha dominato la famiglia, i contadini, gli operai e continua ad esercitare il suo potere anche da morto attraverso un quadro, nei confronti del quale i vecchi “sottomessi” continuano a mostrare la loro riverenza dettata dalle antiche paure per il padrone. Il protagonista viene a conoscenza di un segreto sulle sue origini che non rivela a nessuno, neanche al presunto padre. Il segreto peserà su di lui per quasi tutto il romanzo, quasi ad opprimerlo, e solo alla fine troverà “la soluzione”, attraverso un colpo di scena: un bambino il cui candore è disarmante. Nel frattempo vive come il nonno, in quanto legittimo erede per quel segreto rivelatogli dal testamento, e proprio come lui è spesso colpito da stati di trance, momenti, che lui vive come dejà-vù, in cui ha bisogno di scatenare l’indole ferina che è in lui. Lungo il cammino della sua crescita incontra Aldina, Cecilia, Vittoria, donne che per certi versi sono a lui sottomesse e poi c’è Saverio che può essere considerato una sorta di alter ego, nel quale ricadranno le sue colpe, espiate da lui. E’ come se il protagonista fosse sospeso tra il sogno e la realtà e il palazzo, con i suoi personaggi, fosse avvolto dalla nebbia, che per certi versi conferisce un alone di mistero e, perché no, anche di paura, come il castello del conte Dracula. Non mancano le violenze sessuali e fisiche, gli incesti, gli atteggiamenti furtivi, omicidi, desideri smodati, istinti scatenati da pulsioni che rasentano lo stato di trance tipico di quei racconti di uomini che si trasformavano in licantropi nelle notti di luna piena. E lo stesso accadeva al nonno, e poi al nipote: “allungava non visto una mano verso quelle tende, le artigliava fin quasi a strapparle dagli anelli e si lasciava rapire dalla percezione della luna. Al nonno bastava questo per smaniare…riusciva a precipitarsi fuori da una porta o da una finestra e prendeva la fuga verso campi bui”. E nei momenti di trance il protagonista avverte il bisogno del contatto con la terra, che gli provoca piacere, inteso come un ritorno spasmodico alle origini, al primitivo, paragonato al piacere sessuale. La terra è paragonabile, anche alla mente umana dominata dal caos, dalle passioni e dagli istinti, metaforicamente rappresentati dai vermi e dalle larve. A rendere “spaventoso” e complesso il clima del romanzo contribuisce decisamente la scrittura, sintatticamente complessa e ricca, e la scelta lessicale adoperata, tutta incentrata sul mistero, la nebbia, anfratti bui, frasche spinose, o ancora la scelta di verbi come rantolare. Alle sequenze di carattere descrittivo, nelle quali Morandini si sofferma sulla descrizione dettagliata “della terra” con le sue larve e i suoi vermi, il cui contatto calma la ferinità del protagonista, seguono sequenze di carattere narrativo-psicologico, dalle quali apprendiamo il carattere del personaggio, come se si leggesse nella sua mente. Nell’opera di Morandini è presente l’ossimorica coesistenza diacronica di caos-ordine, bene- male, con la vittoria dell’ordine e del bene sul caos e sul male; ruolo determinante ha, infatti, la religione cattolica della quale, seppur involontariamente, il protagonista diventa alla fine difensor nella sua lotta contro male che lo attanaglia, rappresentato dal padre. Il romanzo, non è un semplice racconto fantastico ma un'indagine nella mente dell’uomo, dominata da istinti, desideri e rimorsi. RosaMaria Crisafi Di Sosuccia
|
Ora puoi inserire le news di zam.it sul tuo sito.
|