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Recensione Simone Togneri
Firenze. E' tarda notte. Il telefono squilla, frantumando il sonno. Gerardo risponde, ancora intontito dalla sonnolenza. Una donna grida e gli dice che qualcuno la vuole uccidere. Il gioielliere pensa ad uno scherzo, ma la ragazza sembra sinceramente disperata. L'uomo si propone di chiamare la polizia, ma la ragazza lo prega di non farlo. Se qualcuno chiamerà la polizia, lei morirà. Gerardo Ferri non è un eroe; è un trentenne normalissimo. Ha un'attivtà commerciale, una fidanzata che ama, degli amici, pochi ma buoni, è tutto fuorchè un eroe. Eppure, quando la donna lo prega di venirla a prendere e portarla via, le dice di sì. Si veste di fretta, prende per precauzione un coltello, e monta in macchina partendo a tutta velocità per la direzione dove si trova la ragazza misteriosa. Una volta arrivato, trova ad attenderlo dentro la cabina telefonica indicatagli dalla ragazza, il cadavere di una donna sconosciuta (presumibilmente la stessa ragazza che gli ha telefonato), una ragnatela di vetri spaccati e una smorfia di sangue sul pavimento che pare sorridergli, malefica. Gerardo è allibito, ma non fa in tempo nemmeno a chiedersi cosa diavolo sia successo, che viene circondato da dei carabinieri che lo ammanettano e l'arrestano. Gli sbirri lo perquisiscono e gli trovano il coltello, che diciamo, non migliora la sua posizione in quella brutta faccenda. Il gioielliere viene interrogato direttamente sul luogo del delitto, e sin dalle prime risposte, la sua storia scricchiola. Il maresciallo che lo interroga pensa che gli stia raccontando fandonie, e che sia stato proprio lui ad uccidere la donna, che evidentemente conosceva. Il giovane gioielliere si difende dicendo che lui non c'entra nulla. A quel punto il maresciallo gli mostra un biglietto da visita che il cadavere teneva stretto tra le dita. E' il biglietto da visita della gioielleria di Ferri. Il giovane dice che quel biglietto non significa niente, qualcuno lo può aver dato alla donna, o può averlo trovato. Nel biglietto da visita non c'è il numero di casa del gioielliere. Quel numero non compare nemmeno sull'elenco telefonico. Come può allora una donna sconosciuta aver avuto quel numero? Gerardo Ferri viene arrestato per omicidio volontario di primo grado, e da quel momento la sua vita scivola inesorabilmente all'Inferno. Togneri è un ottimo scrittore. Ha molte qualità dal punto di vista meramente "tecnico": ha un'ottima scrittura, secca e veloce, mette giù dei dialoghi realistici, dipana la trama con una serie di intecci ansiogeni, riesce a tenere desta l'attenzione del lettore per tutto il libro, ogni volta che svela un mistero ne propone un altro, e soprattutto non annoia mai. Però la sua più grande qualità di scrittore non appartiene al bagaglio tecnico, ma a quello psicologico. A mio modesto parere, la migliore capacità di Simone Togneri è quella di entrare dentro i personaggi. Sembra quasi che li viva, che si fonda con loro, dandogli quella naturalezza e quella verosimiglianza che permette al lettore di sentirli vicini. Nel caso di questo libro, la capacità di vivere i personaggi è maggiormente manifesta che nel precedente Dio del Sagittario, perchè Cose da non dire è narrato in prima persona, e questo permette a Togneri di calarsi negli anfratti più reconditi della psicologia del suo personaggio, e quindi pensare, agire, soffrire e vivere come lui, e soprattutto attraverso i suoi occhi. Non c'è più il libro e lo scrittore; c'è solo un gioielliere fiorentino che racconta la sua incredibile storia. Leggendo questo libro, c'è da prendersi prima qualche goccia di Lexotan, perchè una volta che si sale su questo treno narrativo, ci si può solo fare il segno della croce e sperare che non ci venga un infarto. Il viaggio è di una velocità al cardiopalma. Il romanzo si legge in una notte, tutto d'un fiato. Non ci sono sbavature, non ci sono parole di troppo, c'è solo la vita di un uomo che va a pezzi e i suoi, apparentemente, inutili tentativi di rimetterla a posto. Perchè, Ferri, accusato di omicidio, si troverà coinvolto in una trappola mortale ordita dal misterioso "Angelo Custode" che lo tiene in scacco giocando con la sua vita e minacciando di morte tutte le persone vicine al gioielliere. L' "Angelo Custode" è a conoscenza del passato di Ferri e di tutti i suoi piccoli segreti. Agisce nell'ombra, senza lasciare traccia dei suoi movimenti. Il suo unico desiderio sembra quello di rovinare la vita del gioielliere. Ma perchè? E, soprattutto, chi è il misterioso "Angelo Custode"? Chi è questo diabolico manipolatore di destini? Per la capacità di costruire una trama serrata e avvincente, con una purissima anima thriller, Togneri mi ha ricordato molto l'ottimo autore americano Harlan Coben, ed anche Phillip Margolin, sebbene in maniera minore. L'accostamento con Coben, non è avventato. Coben e Togneri sono molto simili nell' incantenare il lettore a sè, e non lasciarlo più per una notte densa di spasmi e brividi. Hanno entrambi il dono di trascinare il lettore dentro la storia, facendogli sentire l'ansia del protagonista, la paura e il senso di annientamento nel vedere la propria vita andare in frantumi pezzo per pezzo. Questo thriller psicologico non è popolato da serial killer, maniaci, mostri o riti esoterici; parla di un uomo che si ritrova schiacciato nella morsa di una trappola talmente ben studiata, che è quasi impossibile uscirne fuori. La tensione cresce pagina dopo pagina, fino ad arrivare allo sconvolgente finale, dove Togneri ci dà la sua più grande lezione, che ha a che vedere con le ombre e le tenebre. Se questo libro fosse un film, sarebbe un film di David Fincher, per ritmo e senso d'angoscia. Cose da non dire non si legge, ma si vede con gli occhi, proprio come se fosse un film e noi fossimo il protagonista. Un protagonista che si trova solo all'inferno, senza nessuna apparente possibilità di redenzione.
Di Piergiorgio Pulisci Dal sito www.milanonera.com
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