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Recensione Paolo Giordano La solitudine può essere tagliente come le lamette con cui Mattia si sfregia mani e braccia, trasformandole in un reticolo di cicatrici e dolore. La solitudine può essere ingombrante come il ricordo di un brutto incidente che costringe Alice a trascinarsi dietro una gamba insensibile per tutta la vita. Alice e Mattia sono su un altro piano rispetto agli altri, studiano, lavorano, si sposano perfino, ma non potranno mai uscire dal proprio cono d’ombra, dalla loro marginalità. Si riconoscono simili, ma le loro solitudini possono solo sfiorarsi. Alice e Mattia sono numeri primi, non possono essere divisi se non per se stessi e per 1. Primi gemelli, vicini ma sempre separati da un numero. Entità univoche che non conoscono la fusione con l’altro, distanti e distaccati. Alice e Mattia sono stati segnati da due episodi diversi e terribili che hanno interrotto il corso della loro infanzia, tragedie quotidiane capaci di rovinare una vita. Se lui si fosse spostato, lei l’avrebbe percepito in qualche modo. Perché lei e Mattia erano uniti da un filo elastico e invisibile, sepolto sotto un mucchio di cose di poca importanza, un filo che poteva esistere soltanto fra due come loro: due che avevano riconosciuto la propria solitudine l’uno nell’altra” (p.272). Di p_sereno
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