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Recensione Eliselle Ecstasy Love
Eliselle Ecstasy Love
Una delle frasi più retoriche ed abusate recita: “La gioventù è la più bella età”. Non sono mai i giovani a ripeterla, bensì gli anziani o gli adulti in genere, forse nostalgici di un tempo senza responsabilità, ricco di aspettative per il futuro, privo di veri doveri inderogabili se non quello di vivere. Esserci dentro, nella gioventù dico, non è poi così piacevole come vogliono farci credere. Ci sono i primi impegni non del tutto accettati, come la scuola, resa ancora più tragica da qualche insegnante frustrato. I tradimenti degli amici, voltagabbana da un momento all'altro. I litigi che sfociano alle mani, le ragioni mai ascoltate, il gridare afono, come se si fosse dentro ad una campana di vetro, vetro che non si rompe nonostante il gridare, lo scuotere, il battere. Per ultimi nell'elenco ma per primi nell'angoscia adolescenziale, ci sono i genitori. Quelli che non ascoltano, non sentono ragioni, vietano, usano i figli per sfogare le proprie insoddisfazioni. Tutti, chi in modo lieve chi invece molto con pesantezza, han dovuto sottostare alle direttive spesso assurde dei padroni di casa. Tutti, chi più chi meno, hanno desiderato di fuggire, di lasciarli lì, a sfogare contro il muro quel dolore dell'esistenza di cui i figli non hanno poi molta responsabilità.
Frà, la protagonista di questo terzo romanzo di Eliselle, si ritrova proprio nel bel mezzo della tempesta con, come aggravante, un trasferimento non desiderato. Dalla città comoda e familiare alla campagna odorosa, solitaria, arretrata. Almeno, questa è la sua prima desolante visione. Niente più feste, niente più gelato in centro, un baratro di chilometri tra lei e il mondo. Finchè un giorno non si imbatte nella fauna del luogo o, detta con altri termini, finchè non incontra Motoretta, un ragazzo nato e cresciuto lì.
Basta poco. Qualche sguardo, gesto, sorriso. Francesca si ritrova catapultata in una realtà semplice e sincera, comincia ad uscire con i ragazzi del gruppo, ricomponendo una propria dimensione ideale. L'amore, l'amicizia, il divertimento, il confronto. Zanna, Luca, il Matto, Andrea, Samantha. Questi i nomi che cominceranno a risuonare insistemente nella sua testa e nel suo cuore.
Francesca segue la nuova compagnia nelle loro scorribande notturne, per le discoteche. Zanna e gli altri sono grandi amatori di quell'ambiente, si lasciano travolgere dal ritmo, dimenticano quel presente tanto opprimente per qualche ora, il sabato sera, circondati da tanta gente come loro.
Francesca è felice, incredula, stupita. In città non aveva mai incontrato niente di tutto quello che ossservava, non si era mai sentita libera, trasportata da un qualcosa di irrefrenabile. Ma, come dice un altro di quei detti odiosi, sentiti, triti e ritriti, il bel gioco dura poco. Non tutte le cose sono quelle che sembrano. Frà si ritrova così a dover fare i conti con qualcosa di terribile, di incosciente, di temuto: l'ecstasy. Siamo negli anni novanta, anni in cui questa sostanza fa da regina in certi ambienti, i giornali non parlano che di questo, a scuola si tengono incontri di sensibilizzazione per prevenire ogni eventuale perdizione nel girone sintentico infernale. L'ecstasy fa male, uccide, brucia il cervello, aiutate quelli che ne fanno uso a uscirne. Sembra facile. Francesca ci prova. Dapprima con delicatezza, poi sempre più con durezza. Ne parla con Zanna che la guarda con compatimento. E' lei quella che non capisce, lei è quella omologata, lei non vede la tristezza del mondo.
Alla fine, non le resta che conviverci: impara le nozioni da infermiera che potrebbero essere utili, nel caso di una crisi forte di un suo amico.
Giocare col fuoco spesso può far male ed è ciò che accade. Francesca di ritrova coinvolta in qualcosa che potrebbe ucciderla, venendo salvata per un pelo. Un finale che rimette tutte le carte in tavola, pronte ad essere giocate un'altra volta.
Eliselle ha descritto la subsocietà degli anni novanta con una passione ed una chiarezza disarmanti. Veniamo travolti dal mondo della discoteca proprio come se fossimo lì, veniamo abbagliati da quelle luci stroboscopiche, sentiamo il cuore battere a mille, quei bassi entrarci in testa, farci perdere la concezione della realtà. Siamo travolti da questa ecstasy devastante, sostanza che non sente passione, non dà spazio alle parole ma soprattutto all'amore.
“Ecstasy love” è un lucido manifesto dei tempi che furono e che, purtroppo, sono ancora. L'ambiente discotecaro spesso porta alla devianza dei ragazzi che cercano di fuggire alla quotidaneità perchè troppo dura, deprimente. Sarebbe interessante cercare di far sfogare questa insoddisfazione giovanile in altro modo, ma prima bisognerebbe che qualcuno si prendesse la briga di studiare il fenomeno. Non serve – non è mai servito – scrivere titoloni senzazionali nelle prime pagine dei quotidiani, non ha alcun valore il conteggio settimanale delle morti del sabato sera.
Un romanzo in cui protagonisti prendono vita: chiudendo il libro, non si può evitare di chiedersi dove saranno ora, tutti quei ragazzi rovinati dalla vita che non li comprende. O che non si lascia comprendere.
Di alicesu
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