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Recensione Marcello Scurria

Marcello Scurria

Continentaria

Prefazione di Tomaso Romano
Marcello Scurria e la scrittura errante


Dopo l’esordio narrativo Sognando il Paradiso (Ananke edizioni di Torino 2000 con una acuta lettura di Franco Pappalardo La Rosa) Marcello Scurria, palermitano di nascita e di temperamento, siciliano verace, torna con questo denso romanzo Continentaria che già nel titolo echeggia suggestioni.
Opera della maturità, Continentaria dà al lettore numerose occasioni di “visionare” il tessuto ispirativi, le scelte simboliche (la nave, la storia, i luoghi, il viaggio, i sentimenti, la morte) con il registro di una scrittura fluente e umorosa.
Ne deriva un andamento narrativo spesso labirintico eppure vitale, come ci ha insegnato Borges. La stessa varietà e singolarità dei nomi dei protagonisti e dei comprimari è volutamente involuta, quasi un richiamo simbolico attestante un preciso destino. Non mancano nel testo di Scurria richiami ed echi letterari propri della vicenda letteraria novecentesca frutto di letture plurali (a cominciare dal magistero di Gesualdo Bufalino) e di originali considerazioni sulla storiografia e sulla cronaca già padroneggiata dall’autore a proposito della mafia.
Pare, allora, in questo contesto opportuno inserire l’opera di Scurria nell’ambito delle “scritture erranti” come “viaggio di sé nel mondo”, seguendo la magistrale lezione di Duccio Demetrio nelle sue realtà multiformi, a cominciare dalla teoria e dalla pratica autobiografica fino al viaggio “errante” metafora della conoscenza insaziabile fra la propria esperienza personale di scrittura ed il mondo. Se è vero che la scrittura “cristallizza il fluire della vita, ma nello stesso tempo la rimette in moto, ne sollecita la dimensione dinamica sempre in trasformazione” (Andrea Ciantar) ci appare così decisamente in autoanalisi l’avventura narrativa di Scurria. Nell’accezione più seria ed impegnativa di narrare come narrarsi, anche con violenza, anche con delicata ironia, terapeuticamente, per evitare di smarrirsi ad ogni momento (etty Hillesuum, Diario 1941-1943) per dare un senso, significato e pienezza alla scrittura stessa e, in sostanza, all’esistenza propria, quindi al riconoscimento ed alla comprensione degli altri.
Qiesta esperienza ho colto immergendomi nella narrazione inquietante, abilmente tortuosa, in tensione di Scurria che, al di là della trama che si consegna al lettore, resta un richiamo alto, speranzoso, convincente di ciò che “ditta dentro”.

Tommaso Romano




Di marcello scurria

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