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Recensione Joyce C. Oates La femmina della specie
Nove racconti. Nove protagoniste femminili di generazioni diverse. Nove finali aperti.
É così che la Oates ci accompagna all’interno dell’universo femminile, non quello delle sgargianti pagine patinate delle riviste, ma quello cupo e greve delle colonnine destinate alla cronaca nera dai quotidiani di periferia.
Storie d’abusi, violenze e tradimenti. D’angoscia, suspense e desiderio d’approvazione, di rivalsa, di vendetta. Protagoniste sole, ma non indifese.
L’intero lessico della Oates riporta continuamente il lettore ad una quotidianità malata, a menti deviate o coscienziosamente, lucidamente malvagie. Gli uomini diventano cagione delle macchinazioni femminili: uomini-causa, uomini-effetto, ma mai uomini-protagonisti.
Conoscerete Doll, spogliarellista tredicenne per vecchi voyeur, i cui contatti lavorativi sono mantenuti da un padre amorevole, che la accompagna a certi “incontri di lavoro” e la fa fuggire lontano ogni qualvolta la ragazzina dà il proprio contributo per ripulire il mondo da certi clienti. O Lucretia, ossessionata dal marito infedele e violento, che con un colpo di fucile a canne mozze riesce a riconquistarsi una vita. Seguirete con angoscia il cammino di Baby, ben educata bambina di sette anni, che si arrampica sul tetto con in braccio il fratellastro neonato per rendersi visibile al padre; comprenderete la pietà di Agnes, l’angelo della misericordia, impeccabile infermiera che pratica l’eutanasia mossa da carità cristiana, o di Kristine, felice-infelice moglie borghese sedotta da un giovane vagabondo, per il quale tradirà e ucciderà.
In questo libro, ogni singola caratterizzazione dell’amore vi apparirà sconvolta: l’insegnamento genitoriale perderà la sua aura di responsabile buon esempio, l’affetto per il partner si tramuterà in violenza, l’amore per il prossimo, in omicidio.
Eppure in un remoto anfratto della vostra psiche, slegato dalle regole e dalle convenzioni, lontano dalla vostra razionale capacità di distinguere il bene dal male, l’inganno dall’onestà, la remissione dalla vendetta, vi sorprenderete ad assolvere quelle donne, giustificherete la loro violenza, parteggerete perché possano liberarsi e, forse, agire ancora.
Di Alice Peruzzo
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