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Recensione Gianfranco Franchi Pagano
“Pagano” (Il Foglio, 2007) è la nuova opera del giovane scrittore Gianfranco Franchi, già autore di “Disorder” (Il Foglio, 2006). Un’opera che può senz’altro definirsi originale e controcorrente. E per questo particolarmente autentica.
Francesca Mazzucato ha definito “Pagano” come “summa di tutta la letteratura passata e anticipazione visionaria di quella che verrà. (…) Questo è un romanzo che solo un miope, un prevenuto, un corporativo consorte di qualche potentato d’accatto non può non riconoscere come fondamentale”.
Gordiano Lupi lo definisce come “antiromanzo esistenziale che racconta il disagio giovanile nella società contemporanea. (…) Un testo che non può essere incasellato in un genere letterario, ma è un lavoro importante, irrinunciabile per chi ha deciso di pensare con la propria testa. (…) Pagano ricorda La vita agra di Luciano Bianciardi, attualizzata ai nostri giorni, in chiave antiberlusconiana, anticapitalistica e anticomunista. Franchi è uno degli ultimi samurai che pretende la rivoluzione degli intellettuali, guarda avanti e non si piega al conformismo, non si fa comprare e non scende a compromessi, cerca di sopravvivere al suo destino”.
È difficile aggiungere qualcosa di ulteriore a pareri così autorevoli ed entusiastici.
Non c’è dubbio che in “Pagano” emerga con prepotenza il tratto autobiografico, l’urlo dell’autore, il moto di ribellione a un sistema inaccettabile che viene imposto senza possibilità di scelta. Eppure una possibilità di scelta, in fondo, c’è sempre. Si chiama andare controcorrente; e pagarne le conseguenze. Questa è una delle tesi dell’autore.
Il Gianfranco Franchi di “Pagano” rivendica l’appartenenza a un’identità storica dimenticata che affonda le radici nella grandiosità dell’Impero Romano, urla contro uno Stato che opprime in maniera eccessiva il reddito dei contribuenti e che non è capace di offrire opportunità vere ai giovani, si rifiuta di essere un numero (anche se, alla fine, è costretto a essere una… Partita Iva), lancia strali contro il dominio economico e culturale di marca statunitense, si interroga sul ruolo e sulla vita degli intellettuali del nostro tempo.
“Pagano” viene presentato come una sorta di manifesto contro la decadenza e la corruzione, un libro che ha la capacità di rappresentare senza veli il disagio dei giovani del nuovo millennio. Ma non c’è rassegnazione in questo disagio. C’è piuttosto voglia di rivoluzione. Rivoluzione pacifica, ma senza sconti.
Nella seconda parte del libro assistiamo a diverse scene nelle quali il protagonista si relaziona ad altri individui. Questi individui cominciano a essere descritti (o visti) come animali, come se fossero oggetto di una sorta di trasformazione. L’autore cita “La fattoria degli animali” di Orwell. Ma forse, più che una trasformazione di tipo orwelliano, i personaggi del libro di Franchi sono soggetti a una sorta di metamorfosi kafkiana all’incontrario. Di fronte a una società che scaccia e schiaccia, che opprime, qui non c’è un Gregor Samsa che si trasforma in scarafaggio, ma – viceversa – sono i personaggi “di spalla” che subiscono un mutamento. Ma nel momento in cui tutti si ‘trasformano’, e il protagonista di “Pagano” rimane ‘uguale’, è proprio quest’ultimo che subisce la vera metamorfosi: quella di rimanere se stessi in un mondo che muta in ottica involutiva. Forse è questa la vera rivoluzione.
Massimo Maugeri
Abbiamo posto alcune domande a Gianfranco Franchi, autore di “Pagano”.
“Pagano”, tra le altre cose, è anche un libro rivolto ai giovani e che stigmatizza il loro disagio. Cosa rimane d’una generazione già vecchia a trent’anni, scavalcata da cambiamenti epocali, frastornata dall’impossibilità di diventare adulta, costretta soltanto a conservare?
- Il sogno d’un futuro diverso. Che magari appartenga ai nostri figli. In un’Europa libera e democratica, fondata come libera confederazione di tanti popoli, estranea alla statolatria, felice di riscoprire l’espressione del territorio e le autonomie di ogni gruppo etnico.
In un tempo contraddistinto da una nuova rinascenza delle arti, e da una progressiva estraneità delle arti rispetto alla produzione industriale e ai criteri seriali imposti dalle logiche del profitto.
In un tempo in cui si possa tornare a scrivere utopia e a fondare nuovi sistemi, consegnando la distopia agli studi accademici, come genere concluso. Come oggi è l’utopia.
Intanto, c’è questo presente da accompagnare alla fine quanto prima, e da consegnare alla Storia. Possibilmente con intelligenza, auspicando equidistanza. Intanto, c’è la necessità di contarsi, tra letterati, perché il medioevo dei chierici sta tornando, bussa alla porta. Bussa, bussa forte. Non lo sentite? E’ quasi ora. Siamo diventati così pochi…
Infine… e tornando al presente qui condiviso. E’ ora di studiare qualche strategia di sopravvivenza, perché altrimenti il futuro sarà pieno di redattori, promotori, distributori, librai, impaginatori, etc: tutti camperanno su chi i libri li scrive, senza averne mai scritto uno. E chi scrive i libri impazzirà, perché logica e giustizia, in questo sistema e con questi equilibri, non esiste.
Curioso, no? E in parte già succede. Chiamiamola “civiltà”, questa prepotenza dei parassiti. Molto postmoderna, tutta italiana.
Noi scriviamo. Ma quelli “fanno” i libri. Chissà Bianciardi come li chiamerebbe.
Sappiamo che, secondo le tue intenzioni, “Pagano” fa parte di una trilogia. In cosa consiste?
- L’opera è strutturata in tre parti: una raccolta di 27 racconti, “Disorder”, un antiromanzo, “Pagano” e una raccolta di 47 racconti, “New Order”. Nel primo e nel terzo titolo si nasconde un omaggio diretto a Ian Curtis, a Tony Wilson e al suo vagheggiato neorinascimento delle arti, e naturalmente ai Joy Division. Nel secondo titolo, l’omaggio è rivolto a “Pagan Poetry” di Bjork e a “Imperialismo pagano” di Julius Evola.
“New Order” sarà strutturato in cinque parti più una, intervallate da brevi interludi e frammenti.
L’ambizione della trilogia è aderire allo spirito del nostro tempo – Europa, Italia, Roma, Quartiere – e sconfiggere la menzogna ideologica del neorealismo. La prospettiva dichiarata e non mascherata è quella d’un letterato contemporaneo: la narrazione s’alterna in differenti contesti (domestico, professionale, sentimentale, amicale, editoriale, calcistico, politico), con diversi registri e diverse tecniche di narrazione (prima, terza persona; skaz, flusso di coscienza; flusso di coscienza evoluto, etc) a seconda del taglio del racconto, o del momento del romanzo. A testimonianza che la novella è una delle poche tradizioni assolutamente italiane, da secoli, con buona pace delle short stories del Novecento americano: a rivendicare qualcosa di caratteristico nella storia della letteratura italiana, per contribuire a una coscienza nuova e a un’evoluzione del genere. Perché dal perfezionamento dell’architettura dell’opera si deve partire, passando quindi alla scrittura. In “New Order” si riconosceranno tutta una fitta serie di rimandi interni al libro e all’opera completa; rinnovando la lezione strutturale di Boccaccio e di Sacchetti, non quella di Carver o di Thom Jones, per intenderci.
Da quale esigenza è nata la scrittura di Pagano? E quella del prossimo libro: “New Order”?
- La scrittura di “Pagano” è stata, in principio, frammentata, controllata, calibrata, sofferta. Quindi l’ho integrata e macchiata nascondendo gli antefatti nel testo, in un ordine preciso, lasciando il libro principiasse dall’isola di Pag. La seconda parte del libro, quella totalmente fictionale, è nata in un lasso di tempo davvero molto breve – perché era tutto vivo in testa, e bruciava da un pezzo. Andava solo materializzato.
Nel caso di “New Order” è stato diverso. Ho scritto per molte ore ogni giorno, per mesi, a partire da un foglio pieno di titoli e di frecce che rimandavano da una parte all’altra. Senza particolari interruzioni, né sospensioni né incertezze. Era torrenziale e abnorme. Quel foglio s’è riempito di scarabocchi, di buchi e di cancellature, sin quando non ho finito di lavorare. L’ho bruciato con piacere. È rimasto appeso al muro, di fronte a me, sin quando non ho terminato. Come un impiccato. Dovevo terminare, ne parlavo proprio in “Pagano”. È andata, e tra qualche anno potrò lavorare all’altra cosa necessaria, in narrativa. Dopo che sarà uscito “New Order”, in narrativa, non muoverò un dito se non per sfogliare libri, e per un bel po’ di tempo. Finalmente esausto, e libero d’essere lettore (e critico, e talent scout), sino a quando mi sentirò di aver vissuto e letto abbastanza per scrivere il grande romanzo borghese che ho in testa. Due secoli di storie “italiane”. Tra 4-5 nazioni.
Cosa rappresenta, oggi, per te, “Pagano”?
- È un frammento della mia anima e della mia carne. È rivolto alla coscienza dei letterati della nuova generazione, è un sentiero tracciato per cambiare certi equilibri: politici, editoriali, culturali in generale. È la mia ombra. Sono come Peter Pan, adesso l’ho smarrita…
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PAGANO di Gianfranco Franchi
Il Foglio, 2007
Pagg. 145, euro 10
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Gianfranco Franchi è un letterato triestino-romano classe 1978. Si è laureato in Lettere Moderne a Roma III con una tesi sulla Menzogna nella Letteratura del Novecento. Ha coordinato due riviste letterarie universitarie, Ouverture (1998-2001) e Der Wunderwagen (2000-2003) e il portale indipendente di comunicazione e critica letteraria e dello spettacolo Lankelot.com (2003. Lankelot.eu, Arti e Scienze, dal 2006). Ha pubblicato narrativa: “Disorder” (Il Foglio Letterario, 2006), “Pagano” (Il Foglio Letterario, 2007) e poesia: “L’imperfezione – Opera III” (Edizioni dell'Oleandro, 2002), “Ombra della Fontana.” (2003; e-book di Kult Virtual Press nel febbraio 2006). Ha partecipato a diversi programmi radio, e curato, qualche anno fa, il primo catalogo di Plotnikov. Ha collaborato, negli anni, con diverse testate, web e cartacee, con recensioni di libri, dischi e film.
Di Massimo Maugeri
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