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Recensione Agota Kristof TRILOGIA DELLA CITTA' DI K.
È asciutta Agota Kristof nella “Trilogia della città di K".
Una prosa che ti lascia la secchezza in bocca nonostante l’ambiente e le immagini e le storie umide, fredde, bagnate, fradice di due fratelli o di uno solo e di una nonna che esiste nella reale fantasia del racconto. Di una mamma, di una quotidianità falsata da una guerra terribile, alle porte, percepita e non travolgente, ma che stravolge la quotidianità come una bomba appena esplosa a pochi centimetri.
Ti sembra di vederli, reali quei posti, quei luoghi: ti si colorano negli occhi mentre scorri le righe, ma la parola successiva è sempre pronta a impiastricciare i colori, di nuovo, senza sosta, in un gioco un po’ ludico, un po’ maniacale, un po’ da serial killer. Sullo sfondo sempre la guerra che rende cinici e generosi, violenti e altruisti, a sfatare ogni possibile umana(?) reazione. Ed è l’uomo, nella sua accezione animale, il fulcro della storia di questo freddo secco-umido libro di un’ungherese tosta, che ha nella penna la capacità di travolgerti in acrobazie stilistiche trapezoidali.
Ci rimarrete di sasso o meglio, infreddoliti a leggerla.
Di giopard
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