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Recensione Enrique Vila-Matas il viaggio verticale
Tra Elliot e Pessoa, tra Borges e Cervantes, passando chiaramente attraverso la discesa agl'Inferi dantesca e virgiliana, questo romanzo parte con un ritmo lento ed esasperante per poi accelerare "vertiginosamente" verso l'epilogo.
Inizialmente, la storia di Mayol non presenta attrattive: un vecchio assicuratore ormai a riposo, lasciato bruscamente dalla moglie il giorno dopo le nozze d'oro. Lei gli impone di lasciare la casa barcellonese.
I tre figli si dimostrano indifferenti alla sua catastrofe personale e, specie il minore, un pittore, appare odioso a Mayol perché lascia capire al padre che gli mancherà sempre la rafinatezza della cultura che invece lui ha avuto.
Scacciato da Barcellona-inizialmente vista come Eden-Mayol si ritrova a vagare e naufragare da una città all'altra, da Barcellona va a Oporto e poi a Lisbona.
Infine si ferma nell'isola di Madeira, rendendosi conto che qui "si trova a casa propria" pur non essendovi mai vissuto. Non solo, il suo viaggio non ha direzione arbitraria: procede verso il SUD, verso il baratro, verso le viscere della Terra.
Il cambiamento è dettato sia dallo sforzo che l'anziano farà per stabilire di nuovo i contatti con il mondo e le persone che lo circondano, sia dall'accettazione della sua imminente fine, l'incontro con la Morte che a Mayol sembra acquattarsi ditero ogni angolo.
Il narratore è colui che raccoglie le memorie di Mayol e ne eternizza la storia, sottolineando con prolessi ad esempio, che più volte Mayol ha sfiorato l'incontro con il nipote, Pablo, che si ricongiungerà con lui a Madeira.
Di chicaloca
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