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Recensione Italo Svevo Una burla riuscita
Mario Samigli viveva parcheggiato nel grande limbo degli inetti sveviani, offuscato da una densa nebbia che gli impediva da sempre di guardare serenamente alla vita, alle gioie che a lui erano da sempre state negate. Viveva nel “sottobosco” dei letterati esordienti, in quegli stessi ambiti psicologici così sapientemente raccontati anche dal Vanja di Dostoevkij in “Umiliati e offesi” in cui non si solleva troppo il capo per timore di essere notati.
Ma a differenza di quel Vanja, Mario aveva trovato nella dimensione fantastica del sogno una sua modalità di riscatto e la viveva con grande soddisfazione, celandovi anche la sua innocua seppur vitale presunzione. E forse fu proprio da quella dimensione onirica che nacquero i suoi primi tentativi di riscatto letterario: le favole degli animali. Egli si adoperò nella capacità creativa dell'immaginazione e con essa di quel mondo immaginario, in cui ci si incontra e si comunica, al di là dello spazio fisico e del tempo cronologico, attraverso il linguaggio dell'anima che - al di là di ogni mediazione esteriore - sa entrare in contatto con l'essenza più profonda del fanciullo divino.
Era felice nelle sue favole che narravano di animali fantastici. Almeno apparentemente. La notte infatti, quando gli strati più sommersi dell'essere raggiungevano la corteccia cosciente, Svevo gli fa rivivere il dramma sopito durante il giorno, l'angoscia che lo porta a sospirare profondamente di dolore. La vita di Mario perciò è un continuo alternarsi tra le ore liete diurne e il dramma oscuro della notte.
In questa fragilità psicologica sa però introdursi con perizia la figura del Gaia, l'amico burlone, una sorta di Trickster sveviano. E in analogia al briccone divino di Kerenyi, ciò che lo caratterizza non sono le sue azioni ma la maniera bricconesca in cui le conduce e la sua capacità di uscire dalle situazioni critiche in cui rimane invischiato. Tuttavia la sua bricconeria non è mai interamente malvagia e al contrario può dar luogo ad alterazioni e trasformazioni che si rivelano benefiche per gli uomini.
Eppure la burla aveva messo radici talmente solide nell'animo di Mario che lo rese cieco anche durante il suo evolversi: mai sospettò di essere stato burlato e quanto venne a conoscenza del fatto, la sua prima reazione fu quella di un complice divertimento a parziale offuscamento dell'onta e della vergogna.
Abile maestro e conoscitore dei più profondi strati dell'essere umano, Svevo dipana dalla matassa della sua penna un personaggio - Mario Samigli – che altri non è se non uno di noi, così lontano dai caratteri sovrumani dei protagonisti di altra letteratura da farci entrare senza alcuna difficoltà nei suoi logori panni quotidiani.
“Strana vita quella dell'uomo” dice Svevo attraverso le parole di Mario “Chissà che la vita nostra non appaia ai passeri tanto semplice da far creder loro di poter ridurla in favole?”
Di fmarzocca
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