Recensione Isabel Allende La casa degli Spiriti
Ogni parola sembra limitativa ed inappropriata per tracciare una riflessione sul libro che ho appena finito di leggere. Mi e’ gia’ capitato di rigare il viso di lacrime, dopo la lettura di una bella storia, con “La casa degli spiriti” di piu’. Non era commozione o stupore per la storia narrata e per la bravura dell’autrice, ne’ sentimentalismo per gli eventi, no, era di piu’, era dell’altro.
Ad ore di distanza dalla lettura dell’ultima riga, mi ritrovo con il volume in mano, non riesco a separarmene, lo porto con me, lo sfoglio, l’accarezzo, gli sorrido.
Strana reazione per una donna della mia eta’. Rileggo disordinatamente le frasi che piu’ mi hanno colpito. Sceglierne una per iniziare la mia riflessione e’ molto difficile, ci provo:
“…l’idea salvatrice di scrivere col pensiero, senza matita ne’ carta, per mantenere la mente occupata, evadere dal caos e vivere.”
Lo spirito di Clara invita la nipote, Alba, vittima di torture e prigioniera, a rifugiarsi nella scrittura per superare il momento tragico che sta vivendo. Trovare la forza per sopravvivere mettendo ordine negli eventi vissuti come se dovesse scriverli, memorizzarli per una futura narrazione.
Alba non e’ la protagonista del racconto, e’ solo la nipote di un vecchio “giusto” - cosi’ lui dice di se stesso all’inizio della storia - ed e’ l’ultima delle donne che lo accompagnano nella sua lunghissima esistenza.
Esteban Trueda muore novantenne fra le braccia amorevoli della nipote e noi, quest’omone burbero e rabbioso, lo conosciamo bene, perche’ l’Allende ci ha raccontato la sua storia.
Riassumerla, sarebbe banale e restrittivo.
I.Allende con leggerezza e tenacia ha tracciato la personalita’ del protagonista. Gradualmente ci ha svelato la sua iracondia che e’ passione e violenza, il suo passato di stenti e sogni, i suoi amori mai completamente corrisposti e l’insaziabile voglia di quiete, la sua concezione di giustizia che lo rende schiavo di se stesso, sordo alle necessita’, spietato nelle sentenze.
E’ una storia personale che, come una cascata, si getta in un fiume e scorre fino al mare.
Il mare e’ la storia di un popolo che combatte per la liberta’ e l’eguaglianza.
Il mare e’ la giustizia sociale che travolge la giustizia sommaria, la prepotenza, la dittatura.
Dall’antica violenza scaturisce nuova violenza ed impotente, il vecchio, assistera’ allo sfacelo del suo mondo.
Di Stella Cadente
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