Recensione Georges Simenon Il piccolo libraio di Archangels
Proseguendo nella pubblicazione dell’opera omnia, Adelphi manda in libreria «Il piccolo libraio di Archangelsk»
LA STAGNANTE PROVINCIA DI SIMENON
Indagini su una bella donna che scompare
Georges Simenon, un grande che ci ha lasciati 18 anni fa, dotato di una penna di velocissima scrittura, capace di sfornare dodici libri in un solo anno e tutti di buona qualità, non ha mai dato segno di amare i grandi "casi", né le indagini clamorose, preferendo occuparsi dei drammi della vita comune, intento a sottolineare come la mediocrità - nel suo teatro della vita -, non sia solo materiale e sociale, ma anche psichica e sessuale.
Tutto questo incontriamo, ancora una volta ne "Il piccolo libraio di Archangelsk" (Titolo originale: Le petit homme d'Arkahangelsk, pp.172, euro 16) che Adelphi, occupato a pubblicare l'opera omnia del grande autore, ci propone nella bella traduzione di Massimo Romano.
Scritto nel corso di un solo mese a Cannes, nel 1956, col sogno irrealizzato da parte dell'autore di vederlo tradotto in film, interpretato da Charles Aznavour, indimenticabile Kachoudas ne I fantasmi del cappellaio di Chabrol, è ambientato nella provincia francese del Berry. E ben sappiamo come Simenon sia maestro nel tracciare ritratti dello stagnante clima provinciale con le sue atmosfere falsamente amiche, dove diffidenza e umane meschinità trovano l'humus più adatto per mettere radici. Protagonisti principali della trama sono: la bella Gina, dotata di un'avvenenza sensuale e prosperosa, un glamour succoso come quello di un frutto maturo, figlia di fruttivendoli di origine italiana, i Palestri e Jonas Milk, il libraio, ultimo rappresentante di una famiglia di ebrei russi, emigrati in Francia al tempo della Rivoluzione.
La madre di Gina, forse per metterla al riparo dalla sua troppa disinvoltura sessuale, pensa bene di collocarla in casa dal libraio polveroso e molto timido e schivo, come domestica. Dopo pochi mesi Jonas la sposa. Un'unione di convenienza, quasi un coperchio borghese sulle continue scappatelle di Gina che ogni tanto si allontana da casa per soddisfare la sua intemperante natura. Il piccolo libraio non dimostra gelosia e, appagato dalla compagnia disordinata di Gina che - oltretutto non è nemmeno una brava donna di casa - chiude un occhio, anzi tutti e due sulle "distrazioni" della consorte.
Un bel giorno, anzi un brutto giorno, Gina scompare più a lungo del solito. Il marito spera che si tratti del consueto copione e non dimostra apprensione coi curiosissimi vicini che lo tempestano di domande fra risolini di compatimento. Molto suggestivo il clima della place du Vieux-Marché che l'autore sa farci rivivere e respirare in maniera più che mai realistica.
I giorni scorrono inesorabilmente, Gina non torna. Oltretutto è fuggita rubando i preziosissimi francobolli della collezione del marito. La situazione si fa ossessiva. Chi ricorda L'orologiaio di Everton - solo per citare uno fra tanti capolavori simenoniani - qui ritroverà la meccanica bieca degli avvenimenti che sembrano strisciare come un sinuoso implacabile serpente.
Jonas continua, puntigliosamente, a fare la sua vita, ripetendo le azioni di sempre. I genitori di Gina e soprattutto il fratello, morbosamente attratto dalla sorella e poi il quartiere tutto, cominciano a sospettare di lui che all'inizio, tanto per rispondere qualcosa alle insidiose domande, aveva finito col lasciarsi scappare delle mezze bugie. Frasi buttate là.
Per il piccolo libraio la situazione si fa sempre più pesante e insostenibile. La polizia lo perseguita con estenuanti interrogatori. Ma l'epilogo del romanzo non saremo certo noi a rivelarvelo. Perché fare torto a uno scrittore tanto bravo e tanto simpatico?
Romanzi così ben scritti. Così veri. Vanno letti anche al di là della trama, per gustarne il clima, il profilo dei personaggi, il ritratto di un'umanità non vicinissima a noi nel tempo, eppure ancora attuale e capace di coinvolgerci profondamente.
Grazia Giordani
Di Grazia
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