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Recensione John Updike Ahmad Mulloy è un ragazzo diciottenne che vive a New Perspect, nel New Jersey. Sua madre è americana di origine irlandese e suo padre, sparito ormai da molti anni, era invece egiziano. Ahmad cresce praticamente da solo, in una società di cui riconosce ogni giorno di più i limiti e la superficialità. È un ragazzo serio e intelligente, ma si trova sempre più isolato nel mondo in cui deve crescere, incapace di entrare in contatto con i suoi coetanei, ragazzi e ragazze alienati, preda di false immagini di felicità, privi di qualsiasi valore guida. E nemmeno i professori riescono a convincerlo: Ahmad si sente respinto e comincia a giudicare, impietoso, un mondo di cui avverte il declino inesorabile. Ecco perché si avvicina, con la sua serietà e la sua fiducia, al Corano e all'imam della sua cittadina, lasciandosi convincere a lasciare gli studi per diventare un autista di camion. Ed è su un grande camion che il giovane Ahmad, lentamente plagiato dal religioso cui si è affidato, concepisce il progetto che deve porre fine ai suoi giorni: far saltare in aria il Lincoln Tunnel di New York. Come nasce un terrorista islamico nel cuore dell'America di provincia? Nell'America di oggi, la domanda è tutt'altro che lontano dalla realtà. A cercare di rispondere, ogni giorno, sono gli studiosi di terrorismo internazionale e gli agenti che fanno capo al dipartimento della Homeland Security. E, anche, a sorpresa John Updike. Ormai settantaquattrenne, con 60 libri alle spalle, riconosciuto e ultrapremiato come uno dei più prolifici e più brillanti scrittori americani del '900, Updike ha cercato di rispondere con il suo ventiduesimo romanzo. Intitolato “Terrorist” e pubblicato dalla Knopf, il libro è apparentemente un lungo thriller di 320 pagine che aspira a prendere il posto del best seller dell'attuale stagione editoriale. Ma è anche molto di più. Di gianpaolo.mazza
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