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Recensione Antonella Cilento

Antonella Cilento

Napoli sul mare luccica

Una guida per perdersi a Napoli

La collana “Contromano” è un’idea felice dell’editore Laterza: quasi sempre sono libri-luoghi scritti-amati da bravi autori. Ricordo quando lessi uno dei primi titoli, “Torino è casa mia” di Giuseppe Culicchia, e ne rimasi affascinato. La città piemontese era raccontata come un vero e proprio appartamento. La casa, appunto, dell’autore.
Ora è la volta di Napoli, che però è una città troppo “espansiva” per poter chiuderla tra quattro mura (semmai tra i quattro elementi della natura, come la suddivisione dei capitoli ci insegna) e lo sa bene Antonella Cilento, autrice per Laterza di “Napoli sul mare luccica”. Ai suoi occhi, che sono come appena usciti dal sonno, poco prima della messa a fuoco, poco prima di inforcare gli occhiali, Napoli sfugge e si nasconde, cola come lava dal Vesuvio, si allunga nel mare, invade tutti gli spazi e si perde sulle aeree colline (ed eccoli i quattro elementi: fuoco, acqua, terra e aria). È un drago addormentato, Napoli; gigantesco. Entro cui la Cilento si muove come Asimov nel suo viaggio (allucinante) nel corpo umano. La città continua a scappare, essendo un drago in dormiveglia e non un essere umano sotto anestesia… Le sue fauci potrebbero soffiare fuoco da un momento all’altro, gli intestini ribollire sotto le Stufe di Nerone, la coda – con un colpo – spazzare un’intera periferia.
Non so come mi venga l’immagine fiabesca di un drago, né voglio a tutti i costi trovarla ripercorrendo le 150 pagine del libro. Forse è il racconto stesso, con la sua fantasia verace, con l’ondoso rimescolamento di memorie coscienti e non, a suscitare immagini inedite come questa. È per come la Cilento, napoletana, attraversa la sua città quasi in preda a uno straniamento; viene in mente il modo di girare di Paolo Sorrentino, perché anche le “riprese” della scrittrice sono delle visioni, un carnevale in sogno, una riunione segreta…
Mi guardo indietro, ora, e non sono più tanto sicuro di aver cominciato a parlare del libro. Forse Antonella mi perdonerà se mi sono già perso, ma è colpa sua. A un turista che sfogliando “Napoli sul mare luccica” si avventurasse nella città partenopea, succederebbe la stessa cosa: si “perderebbe”.
Per esempio cercando quel pino su via Posillipo «che esce da un portone quasi chiedendo permesso e si stiracchia, ha le radici nel palazzo stesso e la chioma che si sposta perché un balcone possa conservare il suo naturale spazio d’affaccioۛ» o le lenti giuste per gli occhi di Napoli alle «spalle di San Pietro ad Aram, dove la luce grigia del maltempo è ottusa dalle strisce colorate delle stoffe» e «facce antiche di vecchi fanno pendant con i riccioluti capitelli compositi delle lesene gialle e bianche dell’abside della chiesa». Perdersi a Napoli e con questo libro; per ritrovarsi nella splendida Cappella San Severo del Cristo velato, all’Isolotto di San Martino tra passato e presente, al cimitero delle Fontanelle nel quartiere Sanità oppure alla fermata Leopardi della Circumvesuviana.
O, infine, di fronte alle “Sette opere di misericordia” del Caravaggio (che si può ammirare nel palazzo del Pio Monte della Misericordia), su cui la Cilento ha scritto forse le sue pagine più belle. Sempre con una napoletanità sana, mai smargiassa o campanilista, ma ironica e anche critica: giusto dosaggio fra obiettivo disincanto e senso di appartenenza. Come quel pino di via Posillipo, come il suo libro.

Di Pizzos


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