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Recensione Nico Orengo Romanzo pubblicato da Einaudi nel 1988. Ambientato in una cittadina dell’entroterra ligure, nel territorio di frontiera tra Italia e Francia, dove il confine è una linea che unisce, più che dividere, elementi diversi come il mare e le colline, le acque salse e le acque di fiume e dove gli uomini hanno una sensibilità quasi ferina e gli animali un inquietudine ormai umana, il romanzo descrive le rapide trasformazioni provocate nella vita degli abitanti di Acquadolce dall’attivazione di una radio e di una Tv locali. Attraverso i microfoni e le telecamere di “Radio Veronica One” e “Tivù Veronica Two” (impiantate da Berto Violo, imprenditore cinico e privo di scrupoli) drammi e vicende personali diventano spettacolo. Tra i pochi che riescono a sottrarsi a questa forzata omologazione è Don Lercari, un vecchio prete soprannominato “Don Perignon”, dal giorno in cui, un primo dell’anno, “qualcuno aveva lasciato una bottiglia di champagne aperta proprio sopra l’altare, mentre lui e un codazzo di chierichetti stavano per entrare ad officiare”. Costretto in un letto d’ospedale da una tanto rovinosa quanto misteriosa caduta, Don Lercari osserva con disincantata rassegnazione quel che gli accade intorno. Un analogo atteggiamento di mondano distacco è mostrato da Trepianti, personaggio singolare e solitario, che sceglie di continuare a vivere tra i suoi ulivi, lontano dal paese e dai suoi avvenimenti paradossali. Di gianpaolo.mazza
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