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Recensione Josè Saramago Il Vangelo secondo Gesù
“Come tutti i figli degli uomini, il figlio di Giuseppe e Maria nacque sporco del sangue di sua madre, vischioso delle sue mucosità e soffrendo in silenzio”. E’ sicuramente uno dei libri più coraggiosi e sofferti di Saramago. Come pure è quello che più di tutti ha scatenato critiche feroci da parte del clero ortodosso sia portoghese sia italiano che ha definito il romanzo blasfemo e sacrilego. Un Vangelo, invece, terribilmente umano, e che permette al lettore di sentirsi "spiritualmente" vicino alla figura del Cristo, di un Gesù riportato a dimensione umana, "pover'uomo" come tanti altri "poveri uomini" di questo mondo, peccatori e non. Prima, neonato come tutti gli altri, poi in perenne lotta tra questo mondo, quello degli uomini e delle donne, dell'amore e del dolore terreni, e il mondo soprannaturale, quello del Padre, che non riesce a capire, i cui fini, e confini, sono a lui, come a tutti gli uomini, ignoti e imperscrutabili. Fino alla morte, non desiderata e non voluta, lui stesso ignara vittima sacrificata a una divinità indifferente, ingannato.
La sconfitta del tempo, l’irrisolvibile dilemma tra perfezione ed eternità, può costituire un avvincente cimento per quello scrittore che abbia “abitato la storia” fino al punto di ricrearla sulla base di un universo privato dove le figure e gli accadimenti diventano la metafora del mondo contemporaneo. Per Josè Saramago, che nelle sue opere ha “abitato la storia” raccontando di re e assedi, di rivoluzioni e conquiste, di conventi e latifondi, la sfida si incentra in questo libro sulla memoria religiosa cristiana e in particolare sulle scarne pagine del Nuovo Testamento dove si narra la vita di Cristo, da Betlemme al Golgota o, più esattamente, dal suo concepimento in un violetto crepuscolo mattutino al compimento di un destino che, sebbene annunciato, gli appare comunque inaccettabile, poiché decretato dalla volontà di un Dio avido di potere, di un Artefice che spartisce con il Diavolo il dominio degli uomini. Sullo sfondo di una Palestina sconvolta da occupazioni e sommosse, adottando personaggi e resoconti di testi sacri e apocrifi, con la superba prosa che ha contraddistinto i momenti più alti del suo percorso letterario, in quest’opera Saramago mette in scena il dramma di un uomo che negli enigmi della fede insegue una salvezza irraggiungibile e propone una rappresentazione del divino fulgida e sconcertante: ne risulta un romanzo dove il reale si compenetra all’immaginario, il vero al falso, l’antico al nuovo e dalle incalzanti pagine del quale il lettore viene inevitabilmente catturato.
Gianpaolo Mazza (gianpaolo.mazza@virgilio.it)
Di gianpaolo.mazza
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