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Recensione Natalia Ginzburg Scritto nel 1951, è un romanzo breve dallo stile leggero nonostante i molti colpi di scena, anche tragici, ruotanti intorno al protagonista, esteta squattrinato e privo di volontà che delude le aspirazioni paterne a farne un medico e trova la fortuna grazie ad un matrimonio di interesse con la ricca quanto brutta Maddalena. La narrazione è affidata alla sorella Caterina, vittima anch’essa della meschinità del fratello, dedito all’ozio, bello, biondo, trasognato, vanesio, che adora i gatti, concentrato esclusivamente sulla propria bellezza ed eleganza e attratto dal cugino della moglie, Kit, giovane parassita come lui. A Caterina toccherà seguire Valentino nella grande villa, invitata dalla cognata alla disperata ricerca di affetto ed armonia, straziata dall’amore per il marito che non la corrisponde. La giovane, succube del fratello, si legherà a Kit al punto d’essere pronta a sposarlo; ma il ragazzo, innamorato di Valentino, sconvolto,finirà per non farcela, cedendo al suicidio. Scoperta la vera natura del marito, Maddalena, ora madre di due bambini, lo allontanerà, ma nemmeno il gesto estremo della consorte porterà Valentino alla riflessione. Forte della devozione della sorella, il protagonista continuerà a bearsi dei propri ricci ben pettinati davanti allo specchio, unica certezza nella propria vita fatta d’egoismo, senza sogni e dunque senza delusioni. Pubblicato nel 1964 nella raccolta “Cinque romanzi brevi e altri racconti”, “Valentino” si distingue per la padronanza che la narratrice mostra nella costruzione della storia e del racconto: è l’opera di una Ginzburg consapevole, sapiente e curiosa nel ricostruire ambienti e psicologie della Torino borghese dell’epoca. Di gianpaolo.mazza
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