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Recensione Nico Orengo Romanzo pubblicato da Marsilio nel 1976, è ambientato in un meraviglioso giardino a picco sulla riviera ligure (con molta probabilità l’autore prese a modello i Giardini Hambury di La Mortola presso Ventimiglia a pochi passi dal confine francese). Qui vive e lavora, come operaio, il giovane Tomaso, protagonista e narratore, forse figlio illegittimo dei ricchi proprietari inglesi del giardino, dal quale non si è mai allontanato. Tomaso sperimenta progressive e silenziose ribellioni al tirannico capo giardiniere Dante (un esperto ibridatore di rose che tiene per sé i segreti degli innesti), al proprietario Mister Torbs (un pastore anglicano, maniaco sessuale e guardone) e alla sua stessa solitudine, descritta con un continuo paragone a Robinson Crusoe: lo spazio del giardino funge da metafora dell’isolamento edenico, cui il protagonista si sottopone al fine di scansare la realtà e le sue dolorose imperfezioni. La rivolta di Tomaso culmina nell’uccisione di Torbs che lo ha sorpreso a far l’amore nella serra con l’inserviente Margherita e nell’incendio doloso del giardino. Sospeso fra realtà e metafora, fra incantamento e stagione esistenziale, questo romanzo sembra quasi un manifesto di poetica, un piccolo zibaldone narrativo. Vi si respira un sottile gioco comico sempre confinante con la melanconia, una stupefazione di occhi infantili che scrutano il mondo (che è la poesia secondo Orengo), la magia di un paesaggio così nitido da sembrare iperrealistico e così sfumato da sembrare un sogno. Mare, fiori, piante, pesci: c’è la grazia della pittura, in questo libro azzurro e misterioso. Ma il muro d’orto, chiuso e protetto da metaforici cocci di bottiglia, è l’isola di un moderno Robinson Crusoe, giovane scanzonato e infelice, che scrive lettere impossibili, che sogna amori impossibili, che vive una vita tutta mentale in una serra di fiori esotici. Come un’estate mitica, come un sogno ad occhi aperti, come un miraggio su una spiaggia mediterranea, il romanzo di Orengo non fa’ che parlarci di una stagione sentimentale. È una cartolina colorata della nostra gioventù: colori che stanno sfumando, figurine che stanno uscendo gradatamente dall’inquadratura; ma la cartolina, testarda, continua a parlare di un’epoca che forse fu reale e così facendo afferma la verità e la superiorità assoluta della letteratura. Di gianpaolo.mazza
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