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Recensione Ugo Riccarelli Il dolore perfetto
Semplicemente un capolavoro.Era dai tempi del “Metello” di Pratolini, e successivamente dello “Scialo” e di “Allegoria e derisione” che mancava un romanzo-saga, meglio un romanzo-cronaca sulla storia d’Italia di un passato abbastanza prossimo. Ma mentre “Metello” raccontava un pezzo più circoscritto della nostra epopea nazionale, scandito per di più da una fin eccessiva attenzione alle prime pagine dei quotidiani d’epoca, come se il lettore ne stesse "sfogliando" in biblioteca i microfilm, ne Il dolore perfetto Ugo Riccarelli si immerge subito nella Storia vedendola sì come un mondo reale, ma insieme magico e fiabesco, come ci hanno abituato certi scrittori sudamericani, e spaziando per tutta Italia con qualche sconfinamento all’estero (da Lugano all’Urss...). Ci si trova così di fronte alla "grande lezione di Gabriel García Márquez" e sarebbe piaciuto anche ad Elsa Morante per gli abbandoni sapienti a un delicato “realismo magico”.
Da un Sud forse un tantino oleografico, dove si avverte ancora l’eco dell’eroica e sfortunata impresa di Pisacane, arriva in un imprecisato paese toscano il Maestro. È un anarchico, che si annoda rigorosamente al collo il cravattone nero e altrettanto rigorosamente battezza Mikhail, Libertà, Ideale e Cafiero i figli avuti dall’amatissima vedova Bartoli (eroina romantica di grande spessore). I loro destini si intrecciano con quelli della, a dir poco satanica, dinastia dei cugini-vicini Bertorelli, con quel padre-padrone commerciante di maiali attorniato da un nugolo di parenti chiamati tutti connomi dell’epopea greca, da Ecuba a Penelope, da Telemaco a Ulisse. A ciascun personaggio è legata appunto una pagina della nostra storia: le utopie anarchiche, i moti popolari milanesi soffocati dai cannoni di Bava Beccaris, la Prima guerra mondiale, l’epidemia di spagnola, la nascita del fascismo, gli intrallazzi dei gerarchi, il risanamento delle paludi, la ritirata nell’inverno russo, la sottile ferocia dei nazisti, la lotta partigiana. A volte lo stesso episodio è narrato da due personaggi in modo che la narrazione assuma toni ancora più circonfusi da un alone irreale, paranormale, con quei morti sempre presenti, quel profumo di viole che accompagna certe apparizioni, quei salvataggi perlomeno miracolosi (basti ricordare il bambinetto in bilico sul ramo di nocciolo), quelle fughe verso un Oriente misterioso e sognato. Fondamentale il tema della macchina: la strada ferrata, la fabbrica delle prime automobili, l’aeroplano caduto, il congegno – un coacervo di ruote, pulegge, pistoni, bielle, valvole – con cui il personaggio, forse uno dei più significativi del romanzo (insieme alla dolente Annina), crede di creare il moto perpetuo. Il «dolore perfetto» da cui prende il titolo il romanzo abiterà sempre le pagine, anche se espresso in maniere diverse: “le cose son cose – penserà, in proposito Annina – hanno una vita loro, hanno forme, pensieri, hanno età e persino un colore. Siamo noi a dividere, a costruire barriere, ad alzare, abbassare, a dire chi è buono e cosa invece è peggiore. L’Annina capì così la distanza tra la madre e l’Ulisse. La sentì forte, batterle il petto. Una botta improvvisa, una crepa sul cuore. La ferita bruciante di un dolore perfetto.”
In questo polifonico grande romanzo a più voci, dentro cui si coagula molta parte della nostra Storia grande – vista attraverso le storie piccole –, attraversata da guerre, dal sogno socialista, tra ribellioni e carneficine, vivono molte trame fatte anche di amori struggenti e folgoranti passioni.
Ma è la scrittura il punto di forza del Dolore perfetto, una scrittura lieve, avvolgente, musicale che riesce sempre a riscattare anche i passaggi meno felici dell’intricatissima vicenda. Una scrittura dotta e ricca di omaggi, non solo al già citato García Márquez. Questo romanzo, così giocato nel duetto continuo tra realtà e magia è dunque senza dubbio, una delle opere narrative italiane più forti, mature e complete per stile e contenuti, che nel corso degli ultimi anni ci è stata data opportunità di leggere e recensire.
Gianpaolo Mazza (gianpaolo.mazza@virgilio.it)
Di gianpaolo.mazza
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