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Recensione Carlo Grande

Carlo Grande

Le Olimpiadi e i “ribelli” della Valsusa

Recensione a la Via dei lupi di Carlo Grande

«Questa è la lunga storia di un uomo schietto, coraggioso; la sua memoria è un’arma da guerra. E’ tempo di schiudere la quiete, il sepolcro del chiaro bandito, rompendo l’oblio ossidato che ora lo interra». Queste parole, di Pablo Neruda, esprimono bene ciò che rappresenta la ribellione trecentesca del valsusino François de Bardonnèche in termini culturali e politici – la politica nel senso più alto - per il territorio e le montagne sulle quali si svolgono le Olimpiadi di Torino 2006.
La sua storia l’ho raccontata nel romanzo «La via dei lupi» (appena uscito nell’edizione Tascabile Tea), dopo aver inseguito Francesco di Bardonecchia per due anni, sui valichi tra Moncenisio e Monginevro, sulle carte della Savoia, nelle valli di Susa e del Brianzonese, in valle Varaita. Ho dialogato con lui sotto la torre e nei boschi di Bardonecchia, finché quella che sembrava poco più di una leggenda mi è apparsa per quello che era: la storia commovente e simbolica di un Braveheart italiano, una vicenda vera – romanzata nelle sue lacune – fondata su documenti trovati a Chambèry, Grenoble, Parigi, Susa.
La straordinaria avventura di questo ribelle medievale, che sette secoli fa si diede alla macchia nelle foreste (oggi «olimpiche») per combattere il sopruso di un potente - la storia di un uomo che, come ha scritto Massimo Gramellini, si ridusse a «vagare ramingo nei boschi dopo aver rinunciato a ogni cosa, tranne all’unica che gli importasse davvero: la sua dignità di uomo libero» - è commovente e attualissima, degna di un film. E’ «glocal», locale e globale allo stesso tempo. Non mi stupisce che abbia infiammato migliaia di lettori, sebbene fosse un romanzo d’esordio, diffusosi lontano dai riflettori e con il passaparola, perché prima di tutto aveva entusiasmato me; parafrasando Umberto Eco, quando parlava del Conte di Montecristo, esso contiene tre elementi che farebbero torcere le budella di qualsiasi lettore: l’innocenza tradita, una lunga vendetta, il «tesoro» della natura selvaggia medievale.
Non so se sia andato tutto esattamente come l’ho scritto, compreso il grande amore di François per Chrestienne, ma so – parafrasando John Ford – che sarebbe dovuto andare esattamente così. La drammatica fine di François, che seppe pagare il prezzo dei propri ideali, è comunque vera e degna del personaggio. François fu uomo vero, che oggi non sarebbe «alla moda»: aveva il senso dell’onore e della giustizia, parlava la lingua dei trovatori tanto amata da Dante (quella degli occitani, che ancora si parla in molte valli) e, come scrisse Simone Weil proprio parlando di occitani, sapeva che si deve servire per libera scelta e non sotto la spada del terrore, quando si riconosce autorevolezza, «auctoritas», in chi sta sopra di noi. Soltanto così ci si può inchinare senza umiliarsi.
Ciò che più ferì il quarantenne signore di Bardonecchia fu il tradimento della fiducia: avrebbe potuto «mettersi d’accordo», trarre vantaggio dalla nuova e indecente intimità con un potente, ma l’amore per la lealtà e l’idea della politica come servizio per i sudditi lo spinsero a ribellarsi. La sua coerenza, come spesso accade, lo ridusse in solitudine.
Ma lo spirito di François, la lingua e la cultura occitana, che stanno alla base dell’Europa e della lingua italiana, aleggiano ancora su quei luoghi e in noi. Parlano delle montagne, dei valori più esemplari che esse trasmettono: tenacia, spirito di sacrificio, senso della dignità e amore per la propria «piccola patria», nel rispetto delle diversità. Erano, prima della crociata contro gli Albigesi condotta dagli eserciti mossi dal re di Francia e dalla Chiesa, l’essenza della tollerante «Terra occitana».
Questi valori ci dicono che la «via dei lupi» sta sulle montagne – aspra, stretta, faticosa – ma anche dentro di noi: è nascosta, e compare in rari e decisivi momenti, quando capiamo che una scelta, per quanto difficile, va fatta. Quella scelta, e soltanto quella, potrà compiere il nostro destino, qualunque esso sia, e ci aiuterà a dare un senso alla vita, a sentirci più liberi. Chi combatte per ciò in cui crede potrà essere sconfitto, ma mai realmente vinto.

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