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Recensione Vladimir Nabokov Si definisce oggi “lolita” una “giovinetta che, con la precoce femminilità e il comportamento provocante, suscita desiderio specialmente negli uomini maturi” (Zingarelli 2003). Chi non potrà mai essere dimenticato non sarà, dopo aver letto il capolavoro di Nabokov, la “ninfetta” Dolores Haze, bensì il narratore, Humbert Humbert, che per restare accanto a Lolita ne sposa la madre, Charlotte Haze, vedova del fu Harold Haze. Humbert brama di restare da solo con Lolita – il suo è il tipico pensiero da pedofilo nonché maniaco, ma bisogna per forza trovare nelle sue parole qualcosa di puro, benché sia difficile giustificarlo in tali termini. Lolita parte per il college e lascia il patrigno Humbert con un focoso bacio. I due mantengono i contatti tramite la corrispondenza epistolare, ma allorché Charlotte intercetta una lettera, per Humbert è l’inizio della fine: Charlotte muore, investita da un’auto, e Humbert può così correre dalla sua Lolita. Humbert e Dolores percorrono diverse tappe delle più svariate cittadine americane – i due sono diventati amanti –, finché Humbert non s’accorge di essere seguito. Dolores, che era in ospedale per la febbre, sparisce (fugge con l’uomo che li seguiva, che si scoprirà essere Clare Quincy) e Humbert la cerca disperato. Quando Lolita, che ormai è grande (relativamente: diciassette anni!) e non più ninfetta, scrive al patrigno per chiedergli dei soldi, Humbert si precipita da lei, e la trova incinta. Ecco le parole di Humbert: “Insisto perché il mondo sappia quanto amavo la mia Lolita, quella Lolita, pallida e contaminata, gravida del figlio di un altro, ma sempre con gli occhi grigi, sempre con le sopracciglia fuligginose, sempre castano e mandorla, sempre Carmencita, sempre mia […]. Non importa, anche se quei suoi occhi si fossero sbiaditi come quelli di un pesce miope, e i suoi capezzoli si fossero gonfiati e screpolati, e il suo adorabile, giovane delta vellutato si fosse corrotto e lacerato… anche così sarei impazzito di tenerezza alla sola vista del tuo caro viso esangue, al solo suono della tua giovane voce rauca, Lolita mia.” Di raskolnikov
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