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Recensione Margaret Laurence E' una celebrazione della vita questo romanzo, che parla anche di morte: la vita, di cui impariamo ad accettare grigiore, incompiutezze e opacità attraverso le vicende della protagonista Hagar che, oramai novantenne, ci conduce lungo quella che è stata la sua, dipanando il filo dei ricordi. Ci narra della sua infanzia - orfana di una madre morta nel darla alla luce - con un padre benestante cui troppo somiglia e i fratelli che troppo somigliano alla debole madre (e nei quali per un attimo crederà di percepire un muto rimprovero); la vediamo nella sua gioventù ribelle, che tuttavia riesce ad opporsi alle convenzioni e alla volontà paterna solo quando vorrà unirsi ad un uomo che il padre non approva, e che per questo la diserederà; la ritroviamo poi nel matrimonio e nella maternità, avari entrambi di parole e di scambi emotivi; nella miseria e nel disonore, e infine nel riscatto, operato con le sole sue forze e del quale non riuscirà a far beneficiare il figlio prediletto.
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