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Recensione Marinella Fiume Nove racconti, singolari per la varietà di ambientazione storica, la contaminazione di generi e l’interferire di una pluralità di stili e registri linguistici, accomunati dal motivo della “patologia”, una dimensione esistenziale che condanna l’uomo essendosi spezzato quel filo salvifico che univa Il principio con la fine (dal titolo del “racconto rotondo” che apre la raccolta). La “malattia” assume ora le forme della surreale “pestilenza” che porta alla decimazione per contagio degli abitanti di un villaggio ai piedi dell’Etna destinato ad inabissarsi; ora della rara sindrome genetica che trasforma nei pingui personaggi del pittore colombiano Fernando Botero i ragazzi che ne sono affetti; ora del cancro che uccise nel 1878 la poetessa netina Mariannina Coffa; o della forma depressiva che fece avvertire come devastanti le modificazioni dell’età della menopausa al grande soprano Maria Callas; o della dolorosa difficoltà di sublimare l’eros attraverso inimitabili modelli di santità cristiana, che travaglia suor Deodata Buonarroti, o della patologia sociale del fanatismo religioso, ad opera del Tribunale siculo-spagnolo del Sant’Uffizio (in due racconti che traggono spunto da documenti inediti dell’archivio del tribunale dell’Inquisizione di Madrid), che processa e condanna al rogo per stregoneria una servetta e un’anziana terziaria francescana; o ancora della cancrena sociale della mafia in un paese siciliano.
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