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Recensione Josip Osti

Josip Osti

L'albero che cammina - Prefazione all'antologia

Scrive Sinan Gudzevic nella prefazione:

«Questa scelta offre alcune tra le poesie più mature e più belle di Osti, nelle quali la narratività del poeta ha raggiunto un'espressione suprema e la sua liricità ha ispirato composizioni amorose sublimi. In questa antologia si può vedere meglio l'avventura (lui stesso la indica come «dramma») del passaggio del poeta dalla lingua delle sue poesie allo sloveno, noto come «lingua del duale», rarissima caratteristica delle lingue d'oggi, del quale sono molto orgogliosi molti poeti sloveni, per la sua metalinguistica capacità di servire alla poesia amorosa. Tale avventura è il segno della fede di Osti nella poesia e della sua dedizione ad essa, quella fede che pur cambiando la lingua non tradisce mai né l'arte poetica né il mestiere del poeta. Questo fatto è fondamentale per Osti: mentre diversi scrittori provenienti della ex-Jugoslavia si sono avidamente buttati a tematizzare orrori della guerra, pulizie etniche, stupri e campi di concentramento, perché il mercato dell'Europa occidentale lo richiedeva e persino si potrebbe dire, lo esigeva, Osti, anche se ferito dagli orrori della guerra nella sua intimità più profonda, è rimasto poeta anche in guerra. Sottolineo il fatto che sua madre è stata per tutto il tempo della guerra a Sarajevo, l'appartamento del poeta è stato occupato, i suoi libri preziosi e gli oggetti a lui più cari distrutti, alcuni tra i colleghi si sono schierati con gli assedianti della città. Osti, nonostante tutto, non ha tradito la poesia per diventare uno che danza sulla tomba della Jugoslavia o uno di quelli che «cambiato cappello cambiano cervello», un'attivività che hanno esercitato non pochi scrittori e intellettuali jugoslavi. Osti è rimasto poeta anche nella guera, e soprattutto poeta d'amore. Lo dimostra anche questo libro che contine alcune tra le sue più belle poesie d'amore e anche tra le più belle poesie d'amore del fin de siècle della poesia slavomeridionale. Qui mi sembra doveroso citare la sua poesia Alcuni poeti scrivono come vivono, che lo dimostra, a mio avvviso, meglio di qualsiasi critica:

Alcuni poeti scrivono come vivono, e altri
vivono come scrivono. Sono uno di quelli che scrivono come
vivono e vivono come scrivono. Ogni mia
poesia è una carta di protezione. Con essa caccio via
gli spiriti maligni intorno a me e scaccio il diavolo al di fuori di me.»

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