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Recensione Loriano Macchiavelli

Loriano Macchiavelli

Sarti Antonio e l'assassino

Loriano Macchiavelli Sarti Antonio e l'assassino
Loriano Macchiavelli Sarti Antonio e l'assassino

Due complici per un bell’intreccio
Di Luigi Calcerano
Loriano Macchiavelli,autore teatrale, attore, regista, grandissimo scrittore che unisce alla leggibilità la continua ricerca sperimentale di narratore, è il creatore della più simpatica coppia di investigatori del giallo italiano, il sergente di polizia Sarti Antonio, amante del caffè, tormentato dalla colite, testardo e non particolarmente intelligente e il geniale Rosas, uno studente contestatore, politicamente molto attivo. «Sarti - annota Loris Rambelli, lo storico del poliziesco italiano - si chiede come mai Rosas riesca a capire tante cose che lui, pur avendo memoria pronta non riesce a vedere e Rosas gli risponde: "Perché tu non leggi i giornali"».Il teatro delle avventure di Sarti è Bologna, una città amata e indagata, descritta dall’autore come imprevedibile, complessa e misteriosa.
Il giallo, in Italia, è stato ed è caratterizzato, almeno da Scerbanenco in poi da una forte localizzazione, è un giallo “domiciliato”, la città in cui si svolge ricopre un ruolo importantissimo.
Una città è come un organismo particolarmente complesso dalle infinite sfaccettature. Trascegliere aspetti particolari, fermare l’attenzione su una dimensione piuttosto che su un’altra, su una componente speciale, mentre tante se ne sorvolano, vuol dire disegnare una città costruirla - inventarsela come gli scrittori della F.S. fanno coi pianeti e le diverse società che li colonizzano. Nei nostri gialli la città non serve solo per fondale spazio-temporale , non è solo un topos necessario, accanto ai personaggi della vittima, del colpevole e dell’investigatore. Nel giallo italiano, la città è uno dei personaggi. Ed è uno dei personaggi che più svelano, smascherano l’autore. Madame Bovary sono io diceva Flaubert…La Bologna di Macchiavelli, insomma rappresenta lo scrittore più di Sarti Antonio e Rosas.
Grande personaggio Sarti Antonio, molti lo ricorderanno in diverse serie televisive impersonato da Gianni Cavina, che ci era entrato tentro con scarpe e calzini. Tutti sanno, o dovrebbero sapere, che condivide con Sherlock Holmes la ventura di esser stato barbaramente soppresso dal suo autore e di esser stato resuscitato, per così dire, a furor di popolo per le richieste di lettori ed editori, quasi avesse una sua vita tanto concreta ed autonoma da potersi imporre agli stessi convincimenti del suo autore.
Morto in Stop per Sarti Antonio (Cappelli, 1987), il questurino torna,senza nemmeno le convincenti spiegazioni di Conan Doyle, (ma Loriano è così, si diverte a non essere schiavo del realismo) sette anni dopo, in Sarti Antonio, un poliziotto, una città (Mondadori, 1994).Poi era quasi sembrato che gli interessi di Macchiavelli seguissero altre strade, fino a che nei Sotterranei di Bologna (Mondadori 2002) tutti noi appassionati della saga abbiamo potuto goderci una specie di dumasiano “Vent’anni dopo” ricco e dolce come un cannolo siciliano, con la Biondina, la bella di notte che ogni tanto fa compagnia al nostro antieroe, che si attrezza per l’Aids e Rosas che all’università ci torna, dopo tanto studiare, come ricercatore o associato.
Chi ha già letto anche un solo libro della saga non può perdere questo, chi per sua disgrazia non conoscesse né questi personaggi né la Bologna di Macchiavelli, ha l’occasione di entrare in un universo di piacere della lettura, come passasse per una porta spazio-temporale che gli permetterà di accedere a dei veri tesori del giallo, magari recuperandoli, via via sulle bancarelle dei libri usati.
Macchiavelli, l’ho già accennato, è autore curioso ed originale, che ama mettersi in discussione, cercare sempre nuove strade, non riposare sugli alori.Ci ha così regalato ben quattro libri scritti in coppia con Francesco Guccini,(che in questo libro fa una comparsata godibilissima) libri saporosi e densi, spessi di esperienze e di sapienza umana oltre che di bravura narrativa.
Il lavoro a quattro mani è particolarmente diffuso tra i giallisti. Dietro Ellery Queen ci sono Frederic Dannay e Manfred B. Lee (solo pochi appassionati sanno che si tratta di altri pseudonimi, dietro i quali si possono finalmente trovare, forse, dei soggetti reali come Daniel Nathan e Manford Lepofsky). Per non parlare di Robert Wade e di Bill Miller, che oltre come Wade Miller, hanno pubblicato come Jonathan Stagge.
Il Italia basti pensare a Fruttero e Lucentini, a Felisatti e Pittorru, Carmen Iarrera e Federico Zeri, per non fare esempi più personali.
Sarti Antonio e l’assassino Loriano l’ha scritto con Sandro Toni, autore di libri umoristici e gialli, giornalista, traduttore e sceneggiatore; col partner il Nostro ha generosamente messo a disposizione il suo patrimonio letterario ed ha incrociato con scioltezza due narrazioni in una, un delitto visto da due punti di vista.
Grazie alla maestria dei due compari succede come per le vedute del paesaggio della valle che si ammirano da due diverse montagne: sono diverse eppure coincidono.
Che altro posso dire senza rovinare la lettura? Leggetelo!Vi garantisco il divertimento e l’intrigo personale.
Fidatevi, anche se, lo confesso, posso passare per un recensore parziale perché Macchiavelli ha sempre incoraggiato la mia scrittura e almeno una volta all’anno ci incontriamo nella Casa dell’Impiccato, sull’appennino tosco–emiliano, dove si rifugia per scrivere in pace, a parlare dei nostri progetti letterari ed a mangiar le tigelle di Franca.
Leggetelo, non foss’altro che per godervi l’originalità sciolta della voce dell’autore che ogni tanto fa capolino nella scrittura e commenta, interloquisce, borbotta.E’ una voce tutt’altro che onnisciente, simile quasi a un avatar informatico, che insieme rappresenta oltre che l’autore, anche il lettore e lo inserisce in medias res, in un rapporto provocatorio e sperimentale che per molti ha un effetto accattivante, familiare, friendly, per altri concreta invece, assieme ad altri lineamenti non veristi, una specie di straniamento alla Brecht. Perché, lo sapete anche voi, nella pubblica sicurezza non c’è mai stato il grado di sergente!

Di luigi

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