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Recensione André Brink

André Brink

Approfondimento e Audio Intervista

Il Sudafrica di André Brink
di Roberto Pedretti e Cristiana Fiamingo


Negli ultimi mesi, sono stati tradotti in italiano e pubblicati quasi contemporaneamente, gli ultimi romanzi di André Brink, La valle del diavolo e Desiderio (Feltrinelli), e la raccolta di saggi Ieri è vicino (Le Vespe). Alcuni romanzi dello scrittore sudafricano hanno già raggiunto una certa notorietà presso i lettori italiani.

Nato nel 1935 a Vrede, una cittadina dell'ex Orange Free State, ai piedi della catena dei monti Drakensberg, Brink discende da una famiglia tradizionale afrikaner che vide con favore l'ascesa al potere nel 1948 del partito di matrice etnica guidato dal Dr. Malan, il Nationale Partie. Brink ha vissuto e sofferto l'isolamento culturale della sua gente e condiviso il bisogno di molti intellettuali suoi contemporanei di ristabilire i contatti con la cultura europea, spezzati ai tempi dell'illuminismo. Quest'esigenza, che condiziona fortemente la sua espressione, lo porterà a studiare a Parigi, a leggere Camus e ad orientarsi verso una letteratura che si fa interprete politica della società del suo tempo, pur attingendo all'epos. Docente universitario di letteratura inglese, ha scritto in afrikaans, sua lingua madre, sino al 1974, anno in cui pubblicò Looking on Darkness: da allora, per sfuggire alla censura e raggiungere un pubblico più vasto, anche internazionale, Brink ha scritto solo in inglese.

Da sempre schierato contro le limitazioni delle fondamentali libertà sociali e culturali, egli è stato un aperto oppositore del regime razzista, le cui ingiustizie e i cui crimini hanno spesso attraversato le pagine dei suoi romanzi. Si pensi a Un istante nel vento (1976), storia di un amore tra Elisabeth, una giovane boera, superstite di una famiglia in fuga dalla Colonia britannica del Capo verso le regioni interne ed Adam, un giovane schiavo evaso dal carcere di Cape Town, che finisce inesorabilmente quando lui la riporta in salvo a Cape Town. Una storia mal digerita dalla censura di un paese in cui, dal divieto del "commercio carnale con la nazione ottentotta" emanato dal Commandeur Van der Steel nei primi anni del Settecento, si era passati all'Immorality Act del 1925 con lo stesso oggetto, per finire poi con un regime che stabiliva la segregazione razziale con le leggi sulla pianificazione urbana, stabilendo addirittura la separazione delle coppie miste e quartieri riservati ai meticci.

Brink è stato indubbiamente un autore coraggioso, anche se, forse, neppure nel suo romanzo più famoso, Un'arido stagione bianca (1979), ha saputo svincolarsi completamente dal condizionamento culturale che deriva dalla sua identità afrikaner. Con La polvere dei sogni (1997) si è imposto all'attenzione del pubblico italiano, ripetendo in qualche misura il successo goduto qualche anno fa dal Premio Nobel Nadine Gordimer. André Brink viene spesso associato al cosiddetto "realismo magico" e, in effetti, alcune sue opere narrative possono rientrare in quella definizione un occhio più attento appare chiaro che la vena visionaria e grottesca di questo scrittore è piuttosto di derivazione afrikaner e di matrice fiamminga. La polvere dei sogni è il resoconto in chiave epico-drammatica della storia sudafricana sino alla transizione, vista attraverso le voci di chi voce non aveva mai avuto: le donne; mentre La valle del diavolo è la rappresentazione metaforica, immersa in atmosfere gotiche, di un viaggio compiuto da un giornalista in crisi nel claustrofobico universo afrikaner, dominato dall'esclusione e dalla paura di tutto ciò che è l'altro. Il protagonista scoprirà con orrore quanta sterilità e corruzione abbia prodotto l'isolamento cui si è costretta la piccola comunità che occupa la valle. Abbiamo avuto il piacere di avere Brink ospite in Italia, al Festival della letteratura di Mantova del settembre 2001. Brink, che si è dimostrato persona estremamente disponibile con il pubblico, non si è risparmiato prendendo parte a due incontri organizzati da Itala Vivan durante il Festival. In uno di essi si è confrontato - anche duramente - con Stephen Gray, scrittore e poeta sudafricano, sulle prospettive del nuovo Sudafrica. Il secondo è stato incentrato sul suo ultimo romanzo Desiderio. In entrambi Brink ha tenuto a ribadire concetti a lui cari circa il ruolo e l'importanza che hanno rivestito molti intellettuali nel contribuire alla diffusione di una nuova coscienza critica nel suo paese, affermando inoltre che, se in passato era impossibile scrivere ignorando le specifiche condizioni sociali e politiche sudafricane anteriori agli anni '90, oggi, invece agli scrittori si aprono nuove possibilità. E’ questo il messaggio che si desume dalla raccolta Ieri e' vicino: venute meno le urgenze politiche del passato e l'esigenza di schierarsi, è ipotizzabile, se non addirittura necessario, inventare altre storie libere da condizionamenti esterni così forti. Tuttavia, Brink non sembra riuscire appieno nell'intento e questo traspare in maniera evidente dalla lettura del suo ultimo romanzo, il primo scritto dopo la fine dell'apartheid: Desiderio.


Ieri è vicino

Brink è uno degli intellettuali più in vista del Sudafrica, e durante gli anni dell'apartheid, quando e dove possibile, cosciente del suo ruolo, non ha mai fatto mancare parole di critica dirette contro i responsabili della tragedia in cui precipitava il paese. Parte degli scritti nati in quel periodo, raccolti nel 1996 sotto il titolo inglese Reinventing a Continent, sono stati tradotti e pubblicati in Italia dalla casa editrice Le Vespe con il titolo Ieri e' vicino, a cura e con postfazione di Itala Vivan.

Brink si rivela profondo indagatore della società da cui proviene e con pacatezza posa il suo sguardo acuto su una realtà sociale e culturale complessa svelandone l'essenza e i tratti costitutivi anche attraverso le banalità del quotidiano come la pratica sportiva del rugby.

La raccolta di saggi copre un arco di tempo che va dagli anni bui dell'apartheid sino alla transizione e alle prime elezioni autenticamente democratiche (1982-1995). Questi scritti non possono essere definiti "politici" nel senso comune del termine; piuttosto forniscono una chiave di lettura possibile del rapporto e della dialettica esistenti tra politica e cultura, tra gli scrittori e la società che li ha generati.

La battaglia culturale e, nello specifico, quella intorno alla letteratura, si è trasformata in uno strumento - uno dei pochi - che ha favorito l'emergere di una coscienza collettiva che ha scosso il sistema di valori legati all'apartheid e si è opposta a quella parte della società sudafricana trincerata dietro il privilegio e il pregiudizio. La cultura è per Brink un'esperienza di significato, in cui l'individuo si rapporta all'umanità ed al proprio contesto in modo creativo. E’ perciò impossibile per lo scrittore sudafricano pensare al proprio lavoro senza doversi continuamente raffrontare alla realtà in cui ha scelto di vivere, anche quando avrebbe avuto la possibilità di andarsene, inseguendo così altri mondi e altre storie. L’apartheid ha pervaso ogni aspetto della vita dei sudafricani bianchi e neri, indiani e meticci ed era quindi impossibile e inconcepibile fingere che si potesse scrivere liberamente senza subire quella realtà. Adesso che l'arte e la scrittura non sono più da considerarsi appannaggio di pochi in Sudafrica, e assodata l'influenza da queste subita dal contesto politico e la loro funzione rivelatrice delle contraddizioni della società, Brink continua a ripensare la funzione dello scrittore e dell'intellettuale nel nuovo quadro democratico: il bisogno di una scrittura che ancora si occupi degli orrori e delle violenze dell'apartheid s'affievolisce, mentre cresce la necessità di riaprire il discorso sulla storia negata per arrivare a definire la possibilità di una storia comune.

Rimane ancora centrale la questione del rapporto tra potere e scrittura, essa stessa una forma di potere. Come si espresse in passato nella lettera aperta al presidente Botha: "Non ho illusioni su cosa possa fare uno scrittore fisicamente... ma neppure Lei deve avere illusioni sull'impotenza degli scrittori" [v. Stato di Emergenza (1986) in Ieri è vicino], secondo Brink, una scrittura non più sotto assedio, è oggi libera di non parlare dell'apartheid senza perdere la propria finzione di coscienza civile che deve vigilare e denunciare storture e deviazioni del nuovo potere. La potenzialità di sfida ai soprusi del potere insita nella cultura riposa in noi stessi: la spinta culturale agisce in forma strettamente individuale e personale; i rapporti diretti con un racconto, una poesia, un lavoro teatrale sono il luogo dove ogni individuo trova gli strumenti per costruirsi una nuova capacità di comprendere la realtà, dove matura il senso di appartenenza o di esclusione. Gandhianamente, Brink ritiene che le svolte politiche e sociali non siano immaginabili se non vengono precedute da una revisione e un ripensamento del codice etico, da una catarsi morale individuale.

A differenza di altri scrittori sudafricani, Brink conserva un certo grado di ottimismo intorno all'evoluzione in senso democratico della società sudafricana, nonostante i ritardi e le contraddizioni che hanno accompagnato l'esperienza di governo dell'African National Congress. Reinventing a Continent, il titolo inglese della raccolta di saggi di Brink, richiama alla mente, forse non intenzionalmente, il titolo di un libro di Valentin Mudimbe (The Invention of Africa, Bloomington, 1988). E’ un continente, l'Africa, da reinventare e da ripensare, da ricollocare nello spazio internazionale: ed il messaggio di Brink è un invito a riflettere sull'occasione che si presenta al Sudafrica di contribuire alla rinascita africana con tutto il suo peso politico ed economico e il prestigio di cui godono i suoi uomini migliori, ma, soprattutto, col suo straordinario esempio. Pochi - dalle premesse storico-politiche cui, in passato, hanno inteso rispondere i saggi raccolti ora nel volume - avrebbero scommesso sul consolidamento democratico del paese. Per molti il Sudafrica era destinato a finire come tante nazioni del continente: sfinite da vendette, guerre civili, massacri, genocidi.

Il continente di Brink non è solo un luogo geografico, è anche un luogo della mente. Da un lato, invita a ripensare noi stessi in funzione dell'ambiente in cui interagiamo con gli altri per garantirci una possibilità di cambiamento e trasformazione, dall'altro - come indicato dall'omonimo saggio del '96, Reinventing a Continent, appunto - è un invito a considerare la storia come metafora del divenire storico.


Desiderio

Il romanzo Desiderio si sviluppa da una storia d'amore ambientata in una fatiscente dimora borghese di Cape Town; qui, si incrociano e si confrontano le vite di tre donne e di un sessantenne, Ruben, innamorato della giovane Tessa, trentenne ambigua e provocante dotata di uno spirito spregiudicatamente libero. Completano il quartetto Magrieta, l'anziana governante nera, vera domina della casa, ed il fantasma di Antje del Bengala, una giovane schiava giustiziata nel '700 dopo aver avuto una relazione con il proprio padrone bianco. Ruben si rivela incapace di agire e subisce il potere delle tre donne: Tessa lo provoca e lo blandisce, Magrieta ne legge ogni più intimo pensiero, Antje non mostra alcuna voglia di apparire davanti a lui preferendo le altre e frustrando le velleità del protagonista, appassionato storico, intento a ricostruire il passato della sua casa decadente.

Così, Ruben trascorre il tempo, divorato dalla necessità di trovare una spiegazione al desiderio che lo tormenta e sublimandolo, ritagliandosi alternativamente ruoli patetici di padre, amico, insegnante, saggio e innamorato respinto.

Desiderio non è un romanzo apertamente influenzato dal clima politico sudafricano, ma Brink non resiste alla tentazione di parlarci di ciò che avviene nel suo paese. Così l'attualità affiora nelle pagine del libro riguardo soprattutto al tema della violenza criminale e sociale che sembra una costante del nuovo Sudafrica. Alla fine si rimane con la sensazione che questo sia un libro incompiuto. Brink non riesce a rendere completi e del tutto credibili i suoi personaggi e la loro storia. Si rimane attanagliati dal dubbio se ci si trovi di fronte ad un romanzo incardinato sull'appetizione, sul desiderio frustrato, sull'incomunicabilità fra generazioni, fra il passato ed il presente del Sudafrica, o se ci si trovi ad affrontare un'effettiva incapacità di uscire dall'identità di bianco afrikaner dell'autore: il ruolo di Magrieta e il suo rapporto con Ruben sono esemplari. Brink sembra non riuscire a "parlare con voci diverse" - diritto che, pure, invoca in un saggio dell'82 contenuto nella raccolta Ieri è vicino - così come Ruben - pur nell'innegabile impeto solidale - non riesce a raggiungere un punto di contatto profondo con la governante di colore che pure, in parallelo, ha seguito tutto il corso della sua vita, proteggendolo nei momenti più importanti della sua esistenza.

Il personaggio di Antje non è interamente sfruttato e sembra inserito nel romanzo con il solo scopo di rimandare gli echi di un brandello di storia della schiavitù. Antje è un personaggio sprecato in parte; la sua storia, la complessità della relazione con il suo padrone e con le strutture sociali della sua epoca, potevano già costituire materia per un racconto autonomo sul potere e sulla sofferenza delle donne prive di voce. Così la vicenda di Antje suona artificiosa e si innesta faticosamente nel contesto del racconto.

Durante l'incontro a Mantova è stato chiesto a Brink se il romanzo fosse autobiografico, pensando alla figura di Ruben. Pur negando, Brink si è dimostrato tuttavia quasi interprete passivo del suo personaggio, che sembrava aver inesorabilmente assunto un carattere proprio: "volevo prenderlo per le spalle e scuoterlo", ha risposto, vedendo il suo protagonista reagire in modo così passivo di fronte al concatenarsi degli eventi della storia.

Anche il tema della violenza risuona ambiguo: Brink si occupa solo della violenza contingente alla situazione attuale sudafricana, oppure il suo vuole essere un discorso sulla violenza come condizione tipica del vivere contemporaneo?

Desiderio può anche essere considerato una sorta di risposta speculare all'ultima opera di John Coetzee, che in Vergogna, prima e con esiti assolutamente diversi da Brink, scandaglia le possibilità di una relazione analoga a quella descritta da quest'ultimo, sempre sullo sfondo del Sudafrica contemporaneo. La prospettiva del romanzo di Coetzee, a differenza di Desiderio, è catastrofica e pessimista.

Anche se forse in Desiderio l'intento non sembra perfettamente riuscito, proprio la caratteristica della scrittura di Brink, ovvero l'attenzione al rapporto dialettico tra realtà politica e storica, sembra essere una delle chiavi risolutive del dilemma di Brink sulle valenze letterarie nel post-apartheid. Nei suoi scritti, Brink ha sempre cercato di realizzare una sintesi originale tra romanzo storico e narrativa: a detta dello stesso autore, le sue opere sono sempre precedute da un lungo e profondo lavoro di ricerca e interpretazione di documenti e testimonianze che vengono poi elaborati dando vita a situazioni e personaggi storici creati dalla sua fantasia d'autore. Se la soluzione del rapporto letteratura/storia rappresenta una sorta di imperativo categorico, lo è ancora di più in un paese dove interrogare i silenzi del passato deve contribuire non solo a costruire la letteratura del post-apartheid, ma anche a definire le possibilità di un passato condiviso. Un tale approccio storico, solitamente mediato da una grande abilità narrativa, risalta principalmente nella capacità di dare vita e dirigere la coralità di voci e figure che palpitano nelle opere di Brink. La storia, sia essa la storia dei grandi eventi o quella individuale, si trasforma in racconto e narrazione, si rimodella e reinventa continuamente: rivedere la storia o, ancora, cambiare la prospettiva di osservazione per dare voce alle storie possibili, alle storie negate, significa fare i conti con il proprio passato per avere una possibilità nel futuro. Sembra, questo, un modo efficace di contribuire alla nascita di un senso di appartenenza e di un destino comune, indifferente al colore della pelle o alla lingua parlata, anzi, facendo tesoro proprio delle diversità, non vissute più come un limite, ma come la ricchezza della nazione arcobaleno.

Dalla rivista "Afriche e orienti" ; 1° trim. 2002, p. 184-189 ;





in Inglese.

Scritto inizialmente nella sua madre lingua, Afrikaans, il romanzo di Andrè Brinks, "Looking on Darkness" venne bannato dal governo di apartheid del Sud Africa.

Poeta, romanziere, saggista, Andrè Brink parla dello scrivere in due lingue, dell'apartheid e dell'oppressione in questa intervista del 1985.

Ascolta l'intervista su wiredforbooks.org
(27 min. 41 sec.)

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