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Biografia Giovanni Amendola
Giovanni Amendola
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Giovanni Amendola nasce a Salerno il 15 aprile del 1882, da una famiglia della media borghesia salernitana, originaria di Sarno. I fratelli del padre, Pietro Paolo, erano riusciti ad uscire da una condizione mediocre di piccoli borghesi, attraverso studi e notevoli sacrifici. Pietro Paolo, invece, abbandonò gli studi in giovane età, per arruolarsi nell'esercito garibaldino: dopo il congedo, tramite uno dei suoi fratelli, Liberato, segretario alla direzione delle Belle Arti, presso il ministero alla Pubblica Istruzione, a Roma, gli procurò un impiego d'usciere in questo stesso ministero. Le difficoltà economiche della famiglia, composta da cinque tra fratelli e sorelle, non impedirono lo stesso a Giovanni di esser mantenuto agli studi, con gran fatica, alle scuole tecniche, completando poi i suoi studi con la laurea in matematica. Nonostante la sua formazione scientifica, Amendola aveva una grand'attrazione per la filosofia e gli studi classici, imparando come autodidatta greco e latino, altre al francese, l'inglese, il tedesco. La sua passione per la filosofia lo portava a passare tutto il suo tempo libero alla Biblioteca Nazionale romana, dove s'impadronì del pensiero dei filosofi tedeschi, in particolare di Kant e Shopenhauer. Diplomato a diciotto anni all'istituto tecnico superiore, non senza aver vinto un primo premio ad un concorso della scuola per l'italiano, il brillante studente, che non apparteneva, come i suoi compagni, alla borghesia agiata romana, aveva molti dubbi ed inquietudini sul suo futuro. S'iscrisse alla facoltà di matematica. Dopo la laurea, i suoi interessi filosofici lo portarono ad assumere poi una libera docenza in filosofia teoretica, all'Università di Pisa. La sua tesi, pubblicata, aveva il titolo La Categoria, Appunti critici sullo svolgimento della critica delle Categorie da Kant a noi, Bologna. Chiamato dall'amico Mario Missiroli, iniziò la carriera giornalistica professionista nella redazione romana del Resto del Carlino, affiancandosi ad Errico De Marinis, sociologo e deputato social-riformista. Nel contempo, collaborava con le riviste Leonardo e La Voce di Papini e Prezzolini[1], da cui fu contagiato per l'interesse per la politica teoretica. La sua acuta maturità nel giudizio politico, la sua esperienza logica maturata dalla frequentazione dei circoli filosofici, lo portarono ben presto all'assiduità con Luigi Albertini (1871-1941), la cui spiccata personalità era perfettamente congeniale alle sue idealità di rigore morale ed alle sue convinzioni politiche. Il suo impegno giornalistico aumentò quando accettò, auspice Luigi Albertini, la direzione della redazione romana del Corriere della Sera. Conseguentemente alle sue idealità, si dedicò alla vita politica attiva e fu eletto per tre legislature alla Camera dei Deputati nel collegio della sua natia Salerno. La sua prima adesione in Parlamento fu al gruppo della democrazia liberale, su posizioni antitetiche al pragmatismo ed al cinismo giolittiano. Fautore della moralizzazione della politica e degli interessi popolari, si oppose ad ogni estremismo (sia di destra, sia di sinistra). L'inizio della Grande Guerra del 1914 fu l'inizio di uno spartiacque delle coscienze, prima che politico, che furono divise, in maniera traversale, in ogni schieramento. Una parte della destra parlamentare voleva ancora riferirsi alla Triplice Alleanza ed al mantenimento del patto con la Germania. Un'altra vedeva nell'intervento, a fianco della Francia e dell'Intesa, la possibilità di compimento del Risorgimento, con la conquista del Trentino e soprattutto di Trieste. La sinistra di divise ancor più ferocemente. I socialisti massimalisti (in particolare) prima rifiutarono l'intervento e poi predicarono la diserzione, in quanto giudicavano la guerra come dettata da interessi capitalistici e nazionalistici, in estremo contrasto con gli interessi popolari. Ma importanti frange della sinistra, compresa quell'anarchica, giudicarono la guerra come l'inizio del riscatto delle masse e della rivoluzione sociale. Giovanni Amendola, nel 1914, si schierò a favore dell?intervento nella Prima Guerra Mondiale a fianco dell?Intesa, per la definitiva unificazione nazionale, divenendo uno dei maggiori protagonisti dell'Interventismo democratico che vedeva nella Guerra europea la IV Guerra d?Indipendenza. Fu a capo dei gruppi nazional-liberali interventisti e, con estrema coerenza, partecipò come volontario alla guerra dove raggiunse il grado di capitano d?artiglieria e fu decorato con una medaglia al valore. Dopo la vittoria, sostenne le posizioni democratiche del Presidente statunitense W. Wilson ed auspicò il riavvicinamento, nel 1918, con gli slavi (Patto di Roma) contro la monarchia austro-ungarica. Al ritorno della pace, alternò l'impegno parlamentare con l'attività giornalistica assumendo la direzione della redazione romana del Resto del Carlino. Corrispondente del Corriere della Sera e del New York Herald, nel 1922 fu tra i fondatori del Mondo, che fu un caposaldo giornalistico per la difesa e la diffusione delle idee liberal-democratiche. Il Mondo nasceva però nell?anno in cui il fascismo conquistava il potere e non potette avere che una vita breve. Dopo l?omicidio (1924) del deputato socialista riformista Giacomo Matteotti divenne il capo dell?opposizione demo-liberale al nascente regime fascista. Convinto sostenitore dell'astensione e della secessione dai lavori parlamentari detta "dell'Aventino" colpiva, con la sua penna e la sua parola, l'acquiescenza alla dittatura da parte della monarchia, della chiesa e delle forze politiche moderate. La sua azione politica d'intransigente e diretta opposizione provocò la reazione violenta dei fascisti, che lo aggredirono e lo percossero prima a Roma e, successivamente, (21 luglio 1925) lo sequestrarono all'Hotel La Pace di Montecatini. In una località fra Monsummano e Serravalle, Amendola fu percosso e subì gravi lesioni traumatiche. A seguito delle sue condizioni di salute, prodotte dalle lesioni del pestaggio, abbandonò la vita politica attiva riparando in Francia dove, in una clinica di Cannes, morì il 12 aprile 1926. Nella libera Francia, ospitale ai fuoriusciti dell'antifascismo, moriva uno dei più illustri martiri dell'ideale, un coraggioso ed intransigente difensore dei valori liberali e democratici, che furono lo scopo principale della sua intransigente attività politica. Paradossalmente, la più bella commemorazione d?Amendola fu pronunciata proprio da Mussolini, dopo che l'On. Casertano, ipocritamente, aveva annunciato al Parlamento la sua morte a causa di "un male incurabile". Mussolini così si espresse: " Amendola era il più forte avversario che il Paese potesse proporci? Egli, il più apparentemente pacifico dei liberali, era il solo realistico combattente della libertà"

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