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Biografia Luis Bunuel
Luis Bunuel
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Buñuel nasce a Calanda, Spagna, il 22 febbraio 1900 in un'influente e religiosa famiglia di proprietari terrieri . Vi è allevato secondo la più rigida dottrina cattolica e, adolescente, è spedito a studiare in un collegio di Gesuiti. Ma a sedici anni il credo di Buñuel si incrina irrimediabilmente, e la sua, fino ad allora appassionata, devozione alla Chiesa si tramuta in disprezzo assoluto. Abbandonato il collegio, si diploma, due anni dopo, presso un istituto scolastico della sua città. È forse l'episodio più importante della sua biografia, dal momento che se l'intera sua opera è probabilmente tra le più blasfeme mai realizzate in generale da un artista, lo è certamente tra quelle realizzate da un film-maker. Nel 1917 si trasferisce a Madrid a studiare letteratura e filosofia all’Università. Qui incontrerà due personalità che avranno un'influenza decisiva nella sua vita: il poeta Federico Garcìa Lorca e il pittore Salvador Dalì. Lorca era arrivato all’università nel 1919, due anni dopo Buñuel, e fino all’arrivo di Dalì nel 1922 era considerato il beniamino dell’Università. I tre diventano inseparabili, sebbene il loro sodalizio sia minato dall'interesse sentimentale di Lorca per Dalì. Buñuel è inoltre l’unico del trio ancora privo di un talento artistico determinato, il che contribuisce ulteriormente al suo senso di esclusione. Laureatosi nel 1924, Buñuel abbandona i due amici e si reca in Francia come segretario presso la Lega delle Nazioni (gennaio 1925). Di fatto il posto non esiste poiché non c'è sufficiente denaro a pagare l’impiego, così nel 1926 Buñuel se ne torna in Spagna. E' in questi due anni che comincia a prendere corpo in Buñuel l’interesse per il cinema. A Parigi aveva incontrato il cineasta Jean Epstein, che gli avrebbe trovato più tardi un lavoro per un giornale parigino, il "Cahier d’Art". All’incirca nello stesso periodo, intorno al 1927, Lorca prova a sedurre definitivamente Dalì, con conseguenze disastrose. Dalì, venuto quindi a conoscenza che Buñuel scriveva per l'influente "Cahier d’Art", decide di raggiungerlo. E' da questa rinnovata amicizia che nasce il primo film di Buñuel (sceneggiato con Dalì, che vi compare anche come attore): "Un Chien Andalou" (1928). Descrivere l'opera è impresa complicata. Non si tratta infatti di un normale film "narrativo". E’ piuttosto un film onirico, in cui l’immaginazione e il simbolismo sono di gran lunga più importanti della caratterizzazione e della trama. Il film, entrato nella storia del cinema per via della celebre scena del rasoio che taglia un occhio umano, fece di Buñuel e Dalì i golden boys del movimento surrealista, e di Buñuel in particolare un promettente giovane regista. Questa straordinaria opera prima fu seguita da una pellicola più lunga ("Un Chien Andalu" dura soltanto 19 minuti): "L’Age D’Or", portata a compimento dai due il 12 ottobre del 1931. Come il loro precedente film, "L’Age D’Or" tratta degli ostacoli al dispiegamento di un autentico amore: vale a dire l'ipocrisia e la corruzione morale della società borghese. Un’idea che in Buñuel, per il resto della sua vita e delle sue opere, avrà i connotati di una autentica ossessione. Il film, esaltazione del rapporto blasfemo fra Cristo ed il Marchese De Sade, provoca in eguale misura - come accadrà spesso - entusiasmo e indignate e furiose proteste. Luis Buñuel a 15 anni "L'age d'Or" vede la luce in una Francia attraversata da forti sentimenti antisemiti e, sebbene Buñuel non fosse ebreo, il suo film ne divenne un bersaglio non solo simbolico. Il 3 dicembre un gruppo di estrema destra, che protesta nel cinema in cui veniva proiettato, lancia in sala delle bombe fumogene causando 80.000 franchi di danni. "L’Age D’Or" fu quindi censurato e infine, nove giorni dopo, bandito. Numerose sue copie distrutte. Nel 1932 Buñuel realizza una sorta di documentario: “Las Hurdes” (fuori di Spagna noto come "Tierra sin pan", “La terra senza pane”). Vi si descrive la vita in una località iberica, chiamata appunto Las Hurdes, che sembra rimasta incontaminata e ferma al sedicesimo secolo, senza elettricità, senza strade e senza alcuna religione di tipo riconoscibile. Quando il film fu completato, la sua proiezione in Spagna - già scossa da agitazioni sociali e politiche - fu proibita. E per moltissimi anni il pubblico spagnolo dovette ignorarlo. Nel maggio del 1935, Gil Robles diviene ministro della guerra e nomina Francisco Franco capo della sua segreteria. Gli eventi precipitano: dopo le elezioni del 1936 e la vittoria del Fronte Popolare, scoppia la guerra civile. Con l'ascesa di Franco inizia il lungo esilio di Buñuel (durerà 25 anni) dal suo paese. Nel 1939 è in America dove, a Hollywood, lavora come doppiatore e, saltuariamente, per il Museum of Modern Art di New York. Fino al 1947 il silenzio artistico del regista spagnolo sarà completo. Bunuel por Man ray, hollywood, 1943 Simon del desierto, fotogramma Nel 1946-47, in Messico, gira "Gran Casinò", quindi "El gran Calavera" (1949) e "I figli della violenza" (1950), che gli varrà il gran premio della giuria a Cannes nel 1951. Nel contesto del cinema commerciale messicano dirige una lunga serie di film brillanti, realizzati con minime possibilità tecniche ed economiche: "Adolescenza torbida" (1950), "Una mujer sin amor" (1951), "Il bruto" (1952). Negli anni fra il 1952 ed il '60 torna a temi più impegnativi e a lui congeniali con film come "El" (1952), "La ilusión viaja en tranvia" (1953), "La selva dei dannati" (1956), "Violenza per una giovane" (1960). Nel corso del suo esilio, Buñuel non aveva mai lesinato pubbliche manifestazioni di disprezzo nei confronti di Franco e della sua dittatura. Eppure, curiosamente, nel 1960 accetta l' invito a ritornare in Spagna per girare un film: il Caudillo aveva convenienza a mostrarsi più permissivo verso gli oppositori. Il risultato fu un film che fece infuriare allo stesso modo ex patrioti e oppositori. A Buñuel è concessa massima libertà nella stesura della sceneggiatura a condizione che fosse politicamente corretta e non dileggiasse il regime franchista. Il film cui Buñuel darà forma è "Viridiana" che, ben lungi dall’essere la pipa della pace tra lui e il regime, si rivelerà come una autentica bomba politica a orologeria. Buñuel sottomise la sceneggiatura al governo spagnolo che suggerì alcune modifiche. Buñuel ovviamente non ne cambiò una sola riga. Soggetto del film è una suora (la protagonista principale) mandata dal suo convento a prendersi cura dello zio, un ricco proprietario terriero. Come sempre nei film di Buñuel, le ossessioni personali entrano in gioco nello svolgimento del film. In questo in particolare, lo zio, uno psicopatico feticista, droga Veridiana per poterne abusare, cosa che non gli riesce di fare (Buñuel faceva spesso uso delle sue fantasie in tema di seduzione di donne drogate o ipnotizzate). In una scena alquanto dissacratoria, un gruppo di mendicanti e storpi sono ripresi durante un banchetto nella esatta posizione di Cristo e i discepoli nell’Ultima cena di Leonardo da Vinci. Il film, appena terminato, è ammesso al Festival di Cannes senza che il governo spagnolo lo abbia visionato e viene proiettato giusto l’ultimo giorno. I vincitori del Festival francese erano stati di fatto già decisi (i giurati si fidavano poco di un film in apparenza realizzato sotto la censura di un governo dittatoriale), ma, costatatane l'integrità, il film è aggiunto all’unanimità nella lista dei vincitori, per cui finisce col condividere una Palma d’oro già assegnata. Un membro del governo franchista andrà orgoglioso sul palcoscenico a ritirare personalmete il premio senza che sia effettivamente a conoscenza dell'opera. Il giorno dopo scoppia lo scandalo. Il film viene additato come “sacrilego e blasfemo” dall’osservatore Romano, la voce ufficiale del Vaticano; Franco prende provvedimenti disciplinari nei confronti di tutti e venti i membri della delegazione a Cannes; "Viridiana" e Buñuel sono condannati insieme. Tutti i negativi e le stampe del film sono distrutti e l'opera di Buñuel proscritta. Datagli la possibilità di un rientro in patria da parte dell'odiatissimo regime, Buñuel insomma aveva colto l'occasione per umiliarlo sulla scena internazionale. Torna quindi in Messico a girare "L'angelo sterminatore" (1962); in Francia "Il diario di una cameriera" (1964); nuovamente in Messico il cortometraggio "Simón del desierto" (1965), di nuovo in Francia il magistrale "Bella di giorno" (1967), suo maggior successo di pubblico, e "La via lattea" (1968) una visione surrealista sulle eresie della chiesa cattolica. Nel 1970 è ancora in Spagna per dirigere "Tristana". Ma il suo capolavoro è, per molti quasi senza ombra di dubbio, "Il fascino discreto della borghesia" del 1973 in cui il regista matura in una sintesi suggestiva i suoi motivi ispiratori fondamentali. Da una parte si individua il surrealismo onirico, dall'altra, ancora, la satira di costume antiborghese e anticlericale. Buñuel rivela così nel suo lavoro una continuità di interessi e una consistenza di risultati unici nella storia del cinema. I film successivi, "Il fantasma della libertà" (1974) e l'ultimo, "Quell'oscuro oggetto del desiderio" (1977), sono opere di straordinaria inventiva e ricchezza formale.

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