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Biografia Daphne Du Maurier
Daphne Du Maurier
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Daphne Du Maurier nacque nel 1907 da un’aristocratica e colta famiglia di antichi emigrati francesi. La madre Moriel era una bellissima ex-attrice e il padre, Sir Gerald, fu un ottimo attore e noto impresario: questo consentì a Daphne (che si sentiva ed era un vero maschiaccio) di frequentare il colorato ed eccentrico ambiente delle star teatrali, i cui liberi costumi contrastavano con l’atteggiamento sessuofobico del padre che lei amava di un affetto morboso. Daphne era, inoltre, la cugina dei ragazzi Llewelyn-Davies che ispirarono a J.M. Barrie (1860-1937) l’intramontabile “Peter Pan”, mentre il nonno George era un famoso scrittore-disegnatore. Sulla scia di queste ricche premesse culturali, affascinata dal mondo della letteratura, giovanissima iniziò l’attività di scrittrice con “Spirito d’amore (The Loving Spirit)” (scritto in otto settimane e pubblicato alla grande da uno zio editore nel 1931). Il romanzo ebbe un certo successo e suscitò l’interesse del maturo Sir Frederick Browning, un alto militare dell’esercito britannico nonché eroe di guerra, che la chiese in sposa (e fu amore a prima vista: dopo tre mesi erano già sposati). Nonostante Daphne abbia sempre sostenuto di avere avuto una vita felice e una famiglia deliziosa, il suo matrimonio non era completamente riuscito a causa del carattere algido della scrittrice, che ebbe tre figli con i quali pure fu piuttosto fredda e distaccata. Il marito - che fu anche Segretario di Stato e che all’esterno era un uomo autoritario - presentava enormi fragilità in famiglia: Daphne fu perciò costretta a mostrarsi in società moglie remissiva e madre tenera, e a sfoderare invece nel privato energia e piglio mascolino (i suoi biografi hanno riportato alcune infatuazioni omosessuali dopo la morte del marito, avvenuta nel 1965). Con “La prima moglie: Rebecca (Rebecca)” (1938), ambientato in un castello eretto sulla solitaria e ventosa costa della Cornovaglia, Du Maurier divenne un’autrice di successo, acquistando fama planetaria nel 1940 grazie all’ottimo film tratto dal romanzo, diretto da Alfred Hitchcock (che vinse l’Oscar), con Laurence Olivier e Joan Fontaine. Divennero, allora, dei best-seller i romanzi precedenti “La carriera di Giulio (The progress of Julius)” (1933) e “La taverna della Giamaica (Jamaica Inn)” (1936) (che aveva ispirato un film), e le opere successive “La ciurma del francese (Frenchman’s Creek)” (1941) - comparso in Italia nel 1946 col titolo di “Donna a bordo” - , “La collina della fame (Hungry Hill)” (1943), “Il generale del Re (The King’s General)” (1946), “I parassiti (The Parasites)” (1949), “Mia cugina Rachele (My Cousin Rachel” (1951) - da cui nel 1952 fu ricavato il bel film di Henry Koster con Richard Burton e Olivia de Havilland - e “Il capro espiatorio (The Scapegoat)” (1957) - che nel 1959 ispirò un altro film interessante con Alec Guinness. Dal breve racconto “Gli uccelli (The Birds)” (1963), fu ricavato l’indimenticabile film di Hitchcock. Alcuni libri di Du Maurier furono scritti da un io-narrante maschile, che risultava molto convincente; scriveva Daphne: “Quando qualcuno sta scrivendo un romanzo in prima persona deve essere quella persona”. Considerata un’autrice romantica, non lo fu per nulla; fu invece “una maestra della suspense” e i suoi erano racconti del terrore, che non esitavano in “happy end” e che lasciavano irrisolti tutti i misteri, erano immersi in una sinistra atmosfera, degna del romanzo Gotico (evocazioni paranormali, psicopatologia, delitti, incendi, ambiguità sessuale, etc.). Nel desiderio di essere considerata una scrittrice seria e versatile, si dedicò anche alle biografie: notevole fu “Il mondo infernale di Branwell Bronte (The Infernal World of Branwell Bronte”, dedicata al fratello genialoide e oppiomane delle sorelle Bronte, morto giovane in preda alla pazzia. Per anni (a partire dal 1937) curò anche un intenso studio storico autobiografico, pubblicando “Gerald: un ritratto (Gerald: a Portrait)”, ispirato dal padre che fu una presenza psicologica ingombrante nella sua vita, e “The Du Mauriers” ed “I soffiatori di vetro (The Glassblowers)”che furono dedicati a seguire le sorti di tre generazioni della sua famiglia. Pubblicò anche l’autobiografia rivolta agli anni giovanili “Crescenti sofferenze (Growing Pains)” (1977), la raccolta “Gli incontri e altre storie (The Rendezvous and Other Stories)” (1980) e “Il taccuino di Rebecca e altre memorie (The Rebecca Notebook and Other Memories) (1981). Daphne odiò i ricevimenti e la vita mondana cui la costringeva la carriera del marito mentre amò la Cornovaglia con la sua solitudine e le sue coste selvagge; a questa landa incantata, che l’ispirò nel creare l’affascinante atmosfera dei suoi romanzi, si volse per vivervi con la famiglia e i suoi amati cani West Highland terrier, prima nell’antica magione di Menabilly (in tutto e per tutto identica alla Manderle di De Winters), poi (dal 1967) a Kilmarth, un antico maniero vicino. A questa terra adorata dedicò il romanzo “La casa sull’estuario (The House on the Strand)” (1969), in cui ritorna indietro al 14° secolo, e la guida di viaggio “Cornovaglia magica (Vanishing Cornwall)” (1967). Nominata Dama dell’Impero Britannico nel 1969, si rifiutò di andare a Londra per la cerimonia d’investitura: tanto più aumentava la fama, tanto più tendeva a isolarsi. Morì nel 1989 (aveva 81 anni) a Kilmarth, nel luogo che aveva tanto amato e al quale ritornò - nel senso letterale del termine - avendo chiesto che le sue ceneri fossero sparse sui campi vicino casa. A cura di Silvia Iannello

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