Ogni mattina apro il quotidiano e mi aspetto di vedere una nuova immagine di violenza in prima pagina. Se non è la guerra in Ucraina è l'ennesima strage perpetrata negli Stati Uniti da un signor nessuno che ha deciso di imbracciare un'arma e scendere nella metropolitana di New York e sparare a chiunque gli capitasse a tiro.
Un altro giorno in America” è la conturbante testimonianza di un giornalista britannico, Gary Younge, che racconta come, il 23 novembre 2013, sono morti dieci ragazzini americani, tutti uccisi da un proiettile d’arma da fuoco, in circostanze e luoghi diversi…
Ogni giorno, in America, vengono uccisi 7 ragazzi sotto i vent’anni da un colpo di arma da fuoco. Soprattutto neri, soprattutto maschi, soprattutto in alcune città, spesso nel silenzio dell’informazione che non riesce più a tenere il conto delle vittime. Quel giorno di novembre sono stati dieci i ragazzi sotto i vent’anni che hanno perso la vita dopo una sparatoria, un colpo accidentale o un omicidio premeditato. Con la penna da grande reporter e la delicatezza di un narratore, Younge va sui luoghi dove sono morti e dove hanno vissuto, racconta il contesto e le storie che hanno nutrito e poi tradito le vite di questi ragazzi. Ne esce un ritratto lancinante della società americana prigioniera delle armi da fuoco, incapace di salvaguardare i propri figli e in cui è facile, troppo facile, essere portati via da un’assurda e incontrollata violenza.
Un libro scritto in modo avvincente per comprendere meglio la piaga della diffusione delle armi negli Stati Uniti e una speranza per trovare una via d'uscita alla violenza.
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