Recensioni libri

Stabat Mater a teatro

Pubblicato il 04-10-2010


Il libro di Tiziano Scarpa STABAT MATER, Premio Strega 2009
sarà in scena dal 5 al 10 Ottobre 2010

Una stanza buia, un luogo triste, strano, pieno di rumori e suoni che arrivano da ogni parte.
Il grigio è il colore più presente. L'ipotesi è quella di costruire un monologo tenendo fede al testo, facendo parlare Cecilia e facendola interagire con altri personaggi come se rivivessero nella sua mente.
Non una rielaborazione drammaturgica, ma un semplice adattamento. Questo sarà l'elemento portante del mio lavoro: portare il libro in scena così com‘è. Gli altri personaggi vivranno nello spettacolo come delle figure di passaggio, delle immagini mute, solo sonore. Vivaldi invece sarà presente con la sua musica. Un allestimento semplice che non muterà mai ma che si trasformerà solo con la luce. La luce filtrerà e capiremo così il passare del tempo, anzi delle stagioni.
Andrea Chiodi

“Alla fine ero stravolta,in un’ora io sono stata musicalmente grandine,musicalmente afa,musicalmente gelo..”
“Sono stata attraversata dal tempo e dallo spazio, e da tutto quello che essi portano dentro.”

Di Tiziano Scarpa con Stefania Pepe, costumi Ilaria Ariemme
musiche Ferdinando Baroffio
disegno luci Marco Grisa
regia Andrea Chiodi
produzione RE.TE


La trama del romanzo
È notte, l'orfanotrofio è immerso nel sonno. Tutte le ragazze dormono, tranne una.
Si chiama Cecilia, ha sedici anni. Di giorno suona il violino in chiesa, dietro la fitta grata che impedisce ai fedeli di vedere il volto delle giovani musiciste. Di notte si sente perduta nel buio fondale della solitudine più assoluta. Ogni notte Cecilia si alza di nascosto e raggiunge il suo posto segreto: scrive alla persona più intima e più lontana, la madre che l'ha abbandonata.
La musica per lei è un'abitudine come tante, un opaco ripetersi di note. Dall'alto del poggiolo sospeso in cui si trova relegata a suonare, pensa "Io non sono affatto sicura che la musica si innalzi, che si elevi. Io credo che la musica cada. Noi la versiamo sulle teste di chi viene ad ascoltarci".
Così passa la vita all'Ospedale della Pietà di Venezia, dove le giovani orfane scoprono le sconfinate possibilità dell'arte eppure vivono rinchiuse, strette entro i limiti del decoro e della rigida suddivisione dei ruoli.
Ma un giorno le cose cominciano a cambiare, prima impercettibilmente, poi con forza sempre più incontenibile, quando arriva un nuovo compositore e insegnante di violino. È un giovane sacerdote, ha il naso grosso e i capelli colore del rame. Si chiama Antonio Vivaldi.
Grazie al rapporto conflittuale con la sua musica, Cecilia troverà una sua strada nella vita, compiendo un gesto inaspettato di autonomia e insubordinazione.
“Vedo la riva di un’isola minuscola, là in fondo c’è una ragazza che si guarda intorno.
Mi guarda mentre muoio, non può fare niente per me, quella ragazza sono io.
Fai qualcosa per me, ragazza sulla riva, fai qualcosa per te stessa. Non lasciarti amareggiare da ciò che senti dentro di te. Dovunque ti volti vedi la tua disfatta. La marea nera sale, è piena di pesci morti.
Reagisci, non soccombere”.


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