Ennio Flaiano, umorista pieno di rancore e pessimismo
Pubblicato il 02-03-2010
Grande umorista e sceneggiatore italiano, Ennio Flaiano nasceva 100 anni addietro a Pescara (il 5 marzo 1910), nei pressi della casa di Gabriele D’Annunzio. Multiforme intellettuale, fu anche giornalista, critico teatrale e notista cinematografico; collaborò tra l'altro con "Oggi", "Cine Illustrato", "L'Europeo" e il "Corriere della Sera". Visse un'infanzia girovaga per fermarsi infine a Roma, ove si iscrisse alla facoltà di Architettura (senza arrivare alla laurea): a questa amata-odiata città e ai suoi abitanti pieni di qualità e difetti si legherà per tutta la vita facendoli oggetto del suo amaro sarcasmo (nel 1958 scriveva: «In questi ultimi tempi Roma si è dilatata, distorta, arricchita. Gli scandali vi scoppiano con la violenza dei temporali d'estate, la gente... lascia le sue automobili in quelle stesse piazze che una volta ci incantavano per il loro nitore architettonico e che adesso sembrano garages... Tuttavia Roma è la mia città. Talvolta posso odiarla... Ma Roma è inconoscibile, si rivela col tempo e non del tutto. Ha un'estrema riserva di mistero e ancora qualche oasi.»). E Roma lo ricambierà trasformando nel 1969 il nome del Teatro Arlecchino in quello di Teatro Flaiano.
Flaiano fu per anni lo sceneggiatore preferito di Federico Fellini (non sentiva però riconosciuto appieno il suo ruolo cruciale nella resa cinematografica); collaborò anche con Blasetti, Monicelli, Zampa, Lattuada, Soldati, Antonioni e molti altri registi ancora: scrisse sceneggiature per circa 80 film e suoi sono alcuni tra i soggetti più brillanti utilizzati dal cinema tra il 1947 e il 1971. Fu anche un grande scrittore: il suo cinico capolavoro "Tempo di uccidere" (che è ambientato tra il 1935 e 1936 nel periodo della guerra dell’Etiopia e che narra di un ufficiale italiano che violenta e uccide una ragazza indigena) vinse il primo Premio Strega (1947) e ispirò nel 1989 il bel film diretto da Giuliano Montaldo con Giancarlo Giannini e Nicolas Cage. Degni di nota sono anche i volumi di racconti satirici "Diario notturno" (1956) e "Una e una notte" (1959), oltre a "Il gioco e il massacro" (1970) che vinse il Premio Campiello e a “Le ombre bianche” (1972). Amò molto il teatro cui regalò farse ricche di comico sarcasmo: "La guerra spiegata ai poveri" (1946), "La donna nell'armadio" (1957), "Il caso Papaleo" e "Un marziano a Roma" (1960), e La conversazione continuamente interrotta (1972). Flaiano era convinto che il suo destino si realizzasse nella scrittura: «Io credo soltanto nella parola. La parola ferisce, la parola convince, la parola placa. Questo, per me, è il senso dello scrivere.».
La sua vita privata fu segnata da una tragedia quotidiana: nel 1942 aveva avuto una figlia (Luisa detta Lelè) che si ammalò di una grave forma di encefalopatia con esiti devastanti (aveva scritto: «Sei stato condannato alla pena di vivere. La domanda di grazia, respinta»); trovò il coraggio di narrare questa tremenda esperienza in "La Valigia delle Indie".
Colpito da un infarto nel 1971 (una seconda fatale crisi cardiaca lo ucciderà nel fiore degli anni il 20 novembre del 1972), nel presentimento della fine, si diede a raccogliere i suoi appunti salvando molto materiale prezioso: lettere, cronache, progetti di sceneggiature, note di viaggio, scritti teatrali, storie inedite di film mai fatti, critiche cinematografiche, aneddoti, osservazioni di costume, considerazioni morali e dialoghetti, che furono pubblicati postumi nelle "Opere - Scritti postumi" e nelle "Opere 1947-1972" (1988 e 1990).
Critico ironico e indipendente, dotato di un lucido sguardo dissacratore, Flaiano fu il portatore di un senso di grottesca tragicità e di una rigorosa carica morale, sempre pronto a rilevare i paradossi della vita e sempre animato da un ostile rancore sotterraneo (aveva scritto: «Coraggio, il meglio è passato»). Durante il fascismo, Ennio sconfortato scriveva: «Le dittature hanno questo di buono, che sanno farsi amare... Gli italiani sono irrimediabilmente fatti per la dittatura», e celebratissimi sono i suoi aforismi «La situazione politica in Italia è grave, ma non è seria... Gli italiani sono sempre pronti a correre in soccorso dei vincitori». Con la preveggenza dei saggi e in modo quasi profetico nel 1970 aveva scritto: «Fra 30 anni l'Italia non sarà come l'avranno fatta i governi, ma come l'avrà fatta la tv... Oggi il cretino è pieno di idee... L'Italia è un paese dove sono accampati gli italiani... Questo popolo di santi, di poeti, di navigatori, di nipoti, di cognati... (una battuta di un'attualità veramente imbarazzante)». Nel ricordare il centenario della nascita di Flaiano, la studiosa di letteratura Marilena Cavallo ha osservato: «Uno scrittore tra il cinema e la parola... sicuramente un grande scrittore... Il suo romanzo “Tempo di uccidere” è una cifra letteraria con la quale, per molti aspetti, bisogna fare i conti sia in termini narrativi che letterari in senso più generale... Uno scrittore controcorrente. Da riscoprire e da proporre anche al mondo della scuola.».
La sua città natale Pescara (trascurata ma mai dimenticata) gli ha dedicato un monumento nel centro storico della città e dal 1974 ha istituito l'importante Premio Internazionale Flaiano, destinato a sceneggiatori cinematografici. Nonostante tutto, però, Flaiano resta un grande incompreso; ha scritto Angelo Guglielmi: «Flaiano appartiene a quella categoria di scrittori di cui nessuno osa parlare male, anzi, ma che tutti trascurano».
Di Silvia Iannello
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