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Anniversario per la morte di Louise May Alcott

Pubblicato il 05-03-2008


Louise May Alcott, notissima scrittrice americana della Pennsylvania, nacque nel 1832 e  insieme alle sorelle fu educata in casa dal padre (filosofo trascendentalista e pedagogo sprovvisto di senso pratico e incapace di mantenere moglie e figlie). Visse in una povertà così estrema da dover iniziare a lavorare giovanissima come istitutrice (e forse anche come domestica e sarta), facendosi carico del sostentamento della famiglia. Grazie ad una eredità materna, nel 1840 si stabilì in un cottage del Concord nel Massaschusetts, assistendo la madre e il padre sino alla morte e adottando una piccolissima nipote, rimasta orfana. Si è battuta per l’abolizione della schiavitù e a fianco del nascente movimento femminista a favore dei diritti e del suffragio femminile. Morì a Boston il 6 marzo nel 1888 (120 anni addietro) per un avvelenamento di mercurio causato dall’uso di calomelano per curare i postumi di un tifo, contratto mentre era infermiera volontaria durante la guerra di Secessione; prima di morire manifestò il timore di avere la meningite, temibile malattia allora come ora (le sue ultime parole furono: «E’ forse meningite?»).
Dopo un esordio con lo pseudonimo di A.M. Barnard, scrivendo testi duri e sensazionalistici, definiti dalla critica del tempo «potboilers » (termine usato per i testi scadenti scritti a scopo di lucro), alcuni dei quali dei veri e propri thriller di gusto gotico, alla maniera del maestro dell’horror Edgar Allan Poe. Il primo bestseller di Alcott fu “Piccole donne” (1868-89), in cui la scrittrice Alcott narrava in modo autobiografico gli eventi quotidiani durante la guerra di quattro sorelle (Meg, Jo, Beth e Amy) e i loro tentativi di sistemazione nel lavoro ma soprattutto nel matrimonio (l’inevitabile destino esistenziale consentito alla donna nel periodo vittoriano). E Louise altro non era che Jo March, piena di fantasioso talento e di umoristico ottimismo. E come Jo, Louise - vivace e anticonformista - diceva: «Nessun ragazzo poteva essere mio amico finché non lo battevo nella corsa… nessuna ragazza se si rifiutava di arrampicarsi sugli alberi e di saltare recinti con me». Dopo l’enorme successo letterario, con soddisfazione scriveva: «Il mio libro uscì; e la gente cominciò a pensare che la scombinata Louise dopotutto valeva qualcosa»; e questo romanzo ha, certamente, influenzato il sentire e i comportamenti di diverse generazioni di ragazze. Seguirono “Buone mogli”, conosciuto come “Piccole donne crescono” (1869), “Piccoli uomini” (1871) e “I ragazzi di Jo” (1886), ispirati dai suoi amati nipoti.
Diversi bei film sono stati tratti da “Piccole donne”: quello del 1933 di George Cukor con Katherine Hepburn; quello del 1949 di Mervyn Leroy con June Allyson e quello del 1994 di Gilliam Armstrong con Wynona Ryder.

Di Silvia Iannello

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