Hermann Hesse, figura di culto per le giovani generazioni
Pubblicato il 01-11-2007
Hermann Hesse è stato un prolifico scrittore, tra i più amati e letti nel mondo. Era nato in Germania nel 1877 (si celebrano quindi i 130 anni dalla nascita) da un ascetico pastore e da una colta missionaria (figlia di un importante studioso di sanscrito), cristiani pietisti conosciutisi in India che lo avrebbero voluto pastore protestante. La ricca biblioteca del nonno alimentò la cultura del giovane Hermann, che però mal si adattò alla severa educazione familiare e al conformismo della scuola prussiana. Costretto a frequentare il seminario di Maulbronn, il sensibile e ostinato Hermann tentò diverse inutili fughe, cominciando a manifestare una grave depressione nervosa che lo portò sino al tentato suicidio e al ricovero psichiatrico.
Dopo la minaccia di un secondo suicidio, gli fu consentito finalmente di frequentare un ginnasio pubblico ma Hermann non concluse gli studi, divenendo orologiaio e libraio. Si trasferì, quindi, a Basilea conquistando una completa autonomia e iniziando a scrivere “poesie romantiche” e racconti che nel periodo giovanile furono dedicati al tema dell’«amare per amare», a prescindere dalla corrispondenza amorosa o dalla presenza dell’essere amato («…i miei pensieri erano sempre occupati in qualche modo dall’amore, e la mia adorazione del bello era in realtà una costante devozione verso le donne»). Il suo primo romanzo autobiografico, Peter Camenzind (1904), che raccontava di uno scrittore fallito e della sua autorealizzazione nell’isolamento, ebbe un discreto successo. Seguì Sotto la ruota (1906), ispirato dalla sua crisi autodistruttiva di studente stroncato dalla rigida disciplina scolastica.
A 27 anni, Hesse sposò Maria Bernoulli, una donna più grande di lui (dalla quale ebbe tre figli), andando a vivere nella campagna del Baden, a contatto di quella natura che tanto amava: ben presto, però, il matrimonio entrò in crisi per le difficoltà dello scrittore di conciliare i problemi familiari con l’attività letteraria. Durante il primo conflitto mondiale, Hermann, che non condivideva il nazionalismo dei compatrioti, si sentì travolto da un oscuro senso di colpevolezza e il suo già precario equilibrio psichico ne fu profondamente compromesso: ricorse pertanto alla neonata psicanalisi, che gli ispirò il visionario Demian (1919). Nel 1921 prese la cittadinanza svizzera e pubblicò il poema indiano Siddharta, testo di grande spiritualità basato sul pellegrinaggio del giovane Budda alla ricerca di Sé e del suo credo, e frutto di un intenso studio delle religioni orientali e di una visita in India (eseguita nel 1911 e sfociata anche in un diario di viaggio). Con questo testo, Hesse riuscì in una cosa oggi quasi impossibile: conciliare il misticismo d’Oriente con la cultura d’Occidente.
Dopo la fine del primo matrimonio, nel 1924 sposò Ruth Wenger, una cantante più giovane di lui, ma già dopo pochi mesi l’unione entrava in crisi. Nel 1927 divorziò e sposò Ninon Auslander, un’archeologa austriaca che diventò la compagna affettuosa di tutta la sua vita. Nello stesso anno, Hesse pubblicò il complesso romanzo autobiografico Il lupo della steppa che, in un ambito d’amaro romanticismo, narra la storia, i sogni e gli incubi di Harry, un solitario cinquantenne ombroso e cupo con un “Io” diviso in due metà nemiche: quella dell’uomo col suo mondo di pensieri, spiritualità e gentilezza, e quella del lupo col suo mondo caotico di liberi istinti e forza indomita.
Nel 1930 in Narciso e Boccadoro, testo letterario artisticamente perfetto (che fu un grosso successo letterario), ambientato in un vago Medioevo, Hesse si occupa nuovamente della dualità della natura umana, contrapponendo due protagonisti che nella loro diversità si attraggono e si completano. Narciso è uno studioso dotato e ascetico, vissuto lontano dal fango del mondo nell’asfissiante atmosfera di un convento mentre Boccadoro è un artista bello e sensuale, dal cuore pieno di contrasti e miserie, amante di una vita vagabonda senza patria e senza fede.
Nel 1935 Hermann perse il fratello Hans, morto suicida per non aver potuto accettare la vita borghese senza sogni che i genitori avevano pianificato per lui; questo tragico lutto provocò un’ennesima crisi esistenziale. Nel 1943 uscì Il gioco delle perle di vetro, mistico romanzo denso di contenuto ideale, in cui ritorna il tema del dualismo tra vita attiva e pratica contemplativa.
Nel 1946 ricevette il premio Nobel, conquistando la fama internazionale ma non la piena certezza della sua riuscita letteraria; diceva di sé: «per metà leggenda, per metà ridicola figura». Ammalatosi di leucemia, morì nel 1962 a Montagnola (Lugano), all’età di 85 anni. Definiva la vita come «l’inferno che arde sotto i nostri piedi»: quella vita triste perché stravolta dal “male oscuro” della depressione. Per la sete d’assoluto e la disperata ricerca dell’Io, Hesse si è ritagliata una parte importante nel cuore dei giovani di tutte le latitudini (è uno dei pochi “classici” che i ragazzi amano e che leggono ancora).
Di Silvia Iannello
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