(...) Qui ti interrompi, mi spieghi che il viaggio è la tua vita, che la nave sei tu, una nave che non ha mai gettato l'àncora, che non la getterà mai, nè l'àncora degli affetti, nè l'àncora dei desideri, nè l'àncora di un meritato riposo. Perchè non ti rassegnerai mai, non ti stancherai mai di inseguire il sogno. E se ti chiedessi che sogno non sapresti rispondermi: oggi è un sogno cui dai il nome libertà, domani potrebbe essere un sogno cui dai nome verità; non conta che siano o non siano obiettivi reali, conta rincorrerne il miraggio, la luce. <<Il tempo passava e io / incominciavo a tracciare la rotta / ma come mi avevano detto nel porto / sebbene la nave mi sembrasse diversa anche allora / Così il mio viaggio / ora lo vedevo diverso / Senza più ansia di approdi e commerci / il carico mi appariva ormai inutile / Ma continuavo a viaggiare / conoscendo il valore della nave / conoscendo il valore che portavo...>> Ed io non mi stanco di ascoltarti.La felicità è un abbandono che a mezzanotte conduce alla casa col giardino di aranci e limoni dove entriamo in punta dei piedi e incuranti dei poliziotti che controllano ogni tua mossa: due agli angoli della strada e due sul marciapiede. e' un albero di gelsomini che fiorisce sotto la finestra alla quale ci siamo affacciati perchè tu ne colga un ciuffo e tu me l'offra insieme alla tua timidezza. E' una stanza di cui non vedo più lo squallore, le poltrone unte e sbucciate, i soprammobili brutti, gli assurdi diplomi in cornice: perchè ci sei tu. E' un bacio inaspettatamente pudico sulla mia fronte, mentre il vento fruscia tra i rami d'olivo e ci porta la cantilena del mare. E' una lacrima che inaspettatamente ti scivola giù per la guancia mentre sussurri: <<Sono stato tanto solo. Non voglio stare più solo. Giura che non mi lascerai mai>>.E' il tuo volto serio che si avvicina al mio volto serio, i tuoi occhi commossi che affogano nei miei occhi commossi, le tue braccia incerte che cercano le mie braccia incerte, neanche fossimo due ragazzi al loro primo incontro d'amore o sapessimo che ci accingiamo a compiere un rito da cui dipenderanno tutti i nostri anni a venire. E' un silenzio lungo, impressionante, mentre le nostre labbra si toccano con esitazione, si uniscono con decisione, e i nostri corpi si allacciano senza timore, per adagiarsi palpitando nel buio, travolti da un fiume di dolcezza che abbaglia, cercando gesti dimenticati, agognati, e trovandoli per penetrarsi con armonia, di nuovo ed ancora, ed ancora ed ancora, quasi dovesse durare un'eternità. Il tempo ti appartiene ormai, nessun ordine di esecuzione avanza tra gli ordini secchi per condurti al poligono e fucilarti. Dopo ci fissiamo stremati, la testa appoggiata sullo stesso guanciale, ed esclami: <<S'agapò tora ke tha s'agapò pantote>>. <<Cosa significa?>> <<Significa: ti amo ora e ti amerò sempre. Ripetilo.>> Lo ripeto sottovoce: <<E se così non fosse?>><<Sarà così.>> Tento un'ultima vana difesa: <<Niente dura per sempre, Alekos. Quando tu sarai vecchio e...>> <<Io non sarò mai vecchio.>> <<Sì che lo sarai. Un celebre vecchio coi baffi bianchi.>> <<Io non avrò mai i baffi bianchi. Nemmeno grigi.>> <<Li tingerai?>> <<No, morirò molto prima. E allora si che dovrai amarmi per sempre.>> Stai parlando sul serio o scherzando? Mi costringo a credere che tu stia scherzando, una luce beffarda guizza nella tua iride nera e un'allegria fatta di molti domani scatena il tuo corpo che subito mi ricopre insaziabile.