Autore Topic: Per aspera ad astra  (Letto 678 volte)

Chicchessia

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Per aspera ad astra
« il: Settembre 05, 2011, 15:05:14 »
Non è dai libri che troveremo conforto, né in poesie di gente morta, e la filosofia degli antichi sarà di qualche aiuto? Ne dubito...
L'uomo è nell'uomo, nel suo animo e nella sua esperienza; con il proprio occhio guarda se stesso e gli altri: se imparziale e assennato forse riuscirà a scorgere un barlume del Vero, ma per lo più il suo vedere sarà appannato da condizionamenti infantili, da reazioni a ciò che gli fu imposto, da bieche credenze superstiziose.
E in base a quanto gli è stato versato sopra, come una spessa e densa glassa, allora crederà che la sua visione è l'unica possibile, l'unica giusta, la sola realtà.
Ed invero è così, per lui: finché non saprà allontanarsi da sé, da quel che è diventato, per lui non esiste altro che il suo sentire, e si farà alfiere della propria crociata santa, baluardo dell'unico mondo che percepisce, inquisitore di chi sente, vede, pensa diversamente.
Anch'io certamente porto le mie cataratte, e ce ne sono alcune che di sicuro non scorgo, talmente mie, così incistate da appartenermi intimamente, come parassiti obbligati che alla fin fine mi giovano.
Chi siamo davvero? Quel che potevamo diventare privi di sovrastrutture esogene? C'è qualcuno che davvero può dirsi scevro dai condizionamenti esterni? Oh sì, qualcuno c'è, ma non sono belle persone e per lo più vengono rinchiusi in carceri o case di cura, perché la comunicazione vicendevole con il mondo è fondamentale per l'uomo sociale, per la vita civile e per l'evoluzione umana.
E allora cos'è questo tendere al nirvana, questo volersi sciogliere dalle catene di ciò che ci rende in effetti noi, unici e irripetibili?
Voler cambiare il modo di sentire, di vedere, di amare, è davvero giusto? E tutto questo solamente perché soffriamo? Certamente la spinta è quella: non consco chi vorrebbe mai cambiare uno stato di assoluto benessere...
Cosa c'è di sbagliato nel provare dolore? Non sarà poi più gradevole il suo cessare? E in questo modo non verranno percepite ancor meglio le sensazioni piacevoli?
Poffarbacco, la filosofia orientale allora potrebbe perfino non essere una fola completa: la teoria degli opposti, il bianco e il nero, lo Ying e lo Yang hanno una loro valenza concreta. Solo mediante le sofferenze riusciremo ad apprezzare la gioia; prima lo impariamo (e cerchiamo di mostrarlo a coloro che sono privi d'esperienza del mondo, come i cuccioli d'uomo) e più intensamente e compiutamente avanzeremo su quella giostra impazzita che è l'esistenza.
Perdonate l'assenza di presentazione, ma su questi lidi esisto solo nelle mie parole.

presenza

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Re: Per aspera ad astra
« Risposta #1 il: Settembre 06, 2011, 00:01:33 »
Non è obbligatorio soffrire!
Soffriamo solo perché "vogliamo quello che non possediamo, non siamo soddisfatti di quello che abbiamo, o siamo separati da chi amiamo o ancora siamo costretti a tollerare quello o quelli che non ci piacciono.
Soffriamo quando opponiamo resistenza alla vita. Soffriamo quando crediamo che la vita dovrebbe essere diversa. Soffriamo quando pensiamo che ci sia nella vita qualcosa di sbagliato che va cambiato o sistemato.
In verità quello a cui prestiamo attenzione determina la qualità della nostra vita, e chi focalizza l'attenzione su quello che c'è di sbagliato vive in un mare d'imperfezione. Non dobbiamo decidere se una cosa è giusta o sbagliata, non è necessario formulare dei giudizi su che tipo di persone siamo, perché abbiamo un certo tipo di pensiero, o sensazione, o reazione. Questa è la strada che conduce alla sofferenza. E' semplice: notiamo, prestiamo attenzione, perché la paura è una luce che ci segnala un cammino. Il dolore poi è inevitabile, ma la sofferenza no, quella è facoltativa, è percezione, interpretazione. Continuiamo a vedere le stesse cose finché alle medesime supposizioni guardiamo nel medesimo modo. Ma una cosa possiamo fare: possiamo vedere le nostre credenze per quel che sono, opinioni condizionate. E diciamo a noi stessi, una buona volta: "Sono grato di sapere che c'è una possibilità di trovare la via d'uscita da questa sofferenza".
"L'amore risponde a tutte le domande che il giudizio non riesce a sentire"