Autore Topic: Penelope  (Letto 341 volte)

Doxa

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Penelope
« il: Settembre 21, 2024, 06:07:41 »
A Roma, dal 19 settembre al 12 gennaio 2025, nel Tempio di Romolo e Remo e nelle Uccellerie Farnesiane, all’interno del Parco Archeologico del Colosseo, c’è la mostra dedicata a Penelope, il personaggio omerico. Sono esposti dipinti, sculture e oggetti che ripercorrono l’iconografia e l’interpretazione della figura di Penelope nei secoli.

Questa esposizione è la prima di una trilogia sulle figure femminili, seguiranno quelle dedicate ad Antigone e a Saffo.

La mitologia greca narra di Penelope, moglie di Ulisse (Odisseo) e cugina di Elena di Troia, detta anche Elena di Sparta, per le città a cui è associata. Infatti  Elena è la moglie del re di Sparta, Menelao. Durante un’assenza di questo giunge a Sparta il principe troiano Paride, al quale la dea  Afrodite aveva promesso la più bella delle donne.

Elena cede al corteggiamento di Paride e con lui fugge a Troia, abbandonando Menelao e la piccola figlia Ermione.

Menelao convince il fratello Agamennone, re di Micene, a formare un imponente esercito per assediare la potente città di Troia e liberare Elena. Ed inizia  la guerra tra Greci e Troiani.

Dopo la vittoria della Grecia, Elena, icona della bellezza e della seduzione,  torna in patria con Menelao, però diventa  una figura disprezzata nel mondo antico per la sua infedeltà al marito.

Ma Elena  fu davvero “colpevole” dell’abbandono del “tetto coniugale”  ? Omero pone in rilievo il convincimento suscitato da Afrodite: è la dea dell'amore a spingerla tra le braccia del principe troiano.

Anche la poetessa greca Saffo (630 a.C. circa – 570 a.C. circa) sembra giustificare il suo comportamento: Afrodite la travolse, ed Elena scelse in Paride "la cosa più bella: ciò che si ama".


Elena e Paride. Particolare di un cratere del IV sec. a. C., Museo del Louvre, Parigi 

Il filosofo sofista Gorgia (V – IV sec. a. C.) scrisse “Encomio di Elena” per dimostrare la forza delle parole per ribaltare il convincimento popolare. Per discolparla presenta una serie di implicazioni logiche secondo le quali essa non è realmente colpevole del conflitto tra Greci e Troiani.

Dante Alighieri nella “Commedia” colloca Elena nel cerchio dei lussuriosi.

 
Elena e Penelope (?)

Invece Penelope, regina di Itaca,  simboleggia  la sposa fedele, anche se la parola fedeltà a lei riferita non c’è nell’Odissea.

La sua storia  è davvero una vicenda di fedeltà e di lungimirante conservazione del talamo coniugale ? Un’altra versione del mito la vuole lussuriosa, pronta a concedersi ai Proci che la vogliono insidiare. 

Francesco Petrarca considera Penelope la “casta mogliera”;  anche lo scrittore Giovanni Boccaccio  non crede alle sue infedeltà e la inserisce tra le donne famose nel suo “De mulieribus claris”.

« Ultima modifica: Settembre 21, 2024, 06:11:28 da Doxa »

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Re:Penelope
« Risposta #1 il: Settembre 21, 2024, 07:43:17 »
Penelope attese per vent'anni il ritorno di Ulisse: dieci anni per la “guerra di Troia”  ed altri dieci anni  errabondo per il  ritorno a casa,  crescendo da sola il piccolo Telemaco, evitando di scegliere uno tra i Proci nobili pretendenti alla sua mano.

Odisseo voleva tornare agli affetti familiari e alla nativa Itaca dopo i dieci anni guerreschi a Troia,  ma l'odio verso di lui da parte del dio Poseidone  glielo impedì. Ulisse fu costretto da  varie peripezie a rimanere lontano da Itaca. Soltanto con l’aiuto della dea Atena riuscì a tornare a casa.
 
Penelope è il polo verso cui tende il racconto di Odisseo, e filo conduttore dell’intera Odissea, poiché tutte le avventure del marito sono motivate dalla volontà di tornare a Itaca. Il rapporto che lega Odisseo a Penelope è di integrazione, ma anche di distanziamento:

integrazione, perché durante gli anni d’assenza da casa non lo abbandona mai la nostalgia;

distanziamento perché a differenza di Penelope, lui non le resta fedele.

L’infedeltà di Odisseo, però, serve a far risaltare ancora di più il suo amore nei confronti della moglie nel momento in cui, per esempio, rifiuta da Calipso il dono dell’immortalità.



Skyphos (coppa per bere nella forma di un vaso attico con due anse orizzontali) a figure rosse, 440-435 a.C.,  prestato dal museo etrusco di Chiusi per la mostra nel parco archeologico del Colosseo.

in dettaglio:


 Penelope è di fronte al figlio Telemaco. La donna siede accanto al telaio, la guancia poggiata sulla mano chiusa a pugno, lo sguardo dolente. E’ una posa che allude alle virtù femminili, riprodotta in molti sigilli degli anelli nuziali di epoca ellenistica.

Le gambe incrociate, la postura che s’inclina verso il basso sono i segnali di una personalità chiusa in sé stessa, in protezione. E’ la Penelope dolente che ricorre nella storia dell’arte, dalla statuaria e dai bassorilievi d’epoca romana.

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Re:Penelope
« Risposta #2 il: Settembre 22, 2024, 06:29:53 »
Non tutte le versioni del mito sostengono la castità e la fedeltà di Penelope verso il marito.

Nell’Odissea la regina di Itaca ha un comportamento ambiguo nei confronti dei Proci.

Un'interpretazione vuole Penelope desiderosa di risposarsi  ma non prende questa decisione perché teme il giudizio del popolo.

Un’altra narrazione sostiene che lei cedette al proco Anfinomo; un’altra ancora la vuole amante del proco Antinoo.


Bernardino di Betto Betti, detto Pinturicchio (= “piccolo pintor”), soprannome derivante dalla sua piccola corporatura.

L’immagine rappresenta il “Ritorno di Ulisse”:  è un affresco realizzato tra il 1508 e il 1509. Misura cm  125 x 152. Era a Siena su una parete nel salone del Palazzo del Magnifico, all’epoca Pandolfo Petrucci.  Il dipinto appartiene  alla National Gallery di Londra.

La scena: nella camera di  Penelope intenta a tessere la tela  entra Telemaco (in primo piano) seguito dai Proci e dal padre, Ulisse, ancora sulla soglia.

Sullo sfondo c’è una grande finestra dalla quale si vede il paesaggio esterno: sono accennate simbolicamente alcune peripezie del viaggio di  Ulisse. 

L’episodio è una metafora che allude alla vita politica  senese in quel tempo, con le insidie e i pericoli causati alla città  dalle truppe di Cesare Borgia in procinto di conquistarla. Ulisse simboleggia Pandolfo Petrucci, reduce dall'esilio nel 1503.

Omero nell’Odissea attribuisce ad Ulisse l’epiteto “polytropos” per definirlo di ingegno multiforme e astuto.

In quest’altra rappresentazione lo vediamo insieme a Penelope.


Francesco Primaticcio, Ulisse e Penelope, olio su tela, 1560 circa, Museo d'arte della città statunitense di Toledo (in inglese: Toledo Museum of Art), è un  istituto museale universitario d’arte internazionale situato nel quartiere Old West End.

La scena è ispirata dal XXIII canto dell’Odissea

[...]Ma ora vieni, sposa, moviamo al giaciglio, ché infine
possa trovar conforto nel dolce sopore del sonno.

E a lui queste parole rispose Penelope scaltra:

'Il letto pronto sempre per te sarà, quando lo brami,
ora che t’hanno i Numi d’Olimpo concesso il ritorno
alla tua casa bene costrutta, alla terra materna'
[...] (versi 244 - 249)

"Ora, poi ch’ebbero i due godute le gioie d’amore,
si giocondâr parlando, scambiando parole"
(versi 290 - 291)

Nel dipinto l'immagine di Ulisse e Penelope dopo il rapporto sessuale. La parte inferiore dei loro corpi è coperta da un drappo. Si guardano mentre la  mano dell’uomo carezza il volto della donna, che in questo caso ha i capelli biondi.

Nell’oscuro sfondo si vede sulla destra un’alta porta e due ancelle nella penombra che vigilano affinché nessuno possa disturbare l’intimità dei due amanti. 

Il dipinto è generalmente considerato uno dei bozzetti eseguiti da Primaticcio per la decorazione della “Galleria di Ulisse” nella reggia di Fontainebleau,  durante il regno di Francesco I, dal 1515 al 1547, anno della sua morte. 

Mecenate delle arti, il re di Francia chiamò nel castello di Chambord numerosi artisti italiani, tra i quali Leonardo da Vinci.
« Ultima modifica: Settembre 22, 2024, 06:33:58 da Doxa »

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Re:Penelope
« Risposta #3 il: Settembre 22, 2024, 16:14:10 »

Dante Gabriel Rossetti, Penelope, 1869,  Andrew Lloyd Webber Collection

Penelope, figlia del re Icario di Sparta, come figura letteraria ha attraversato i secoli ed ha ispirato poeti e scrittori che hanno riscritto il suo mito.

L'epopea di Ulisse è anche quella di Penelope, segnata dalla speranza e dall'attesa di un ricongiungimento con la persona amata.

La moglie del protagonista viene presentata nell’Odissea come la sposa fedele e pudìca  che attende il ritorno del marito e trasforma il proprio letto in “una fortezza inespugnabile”.

Omero nell’Odissea la definisce “sophrosyne” (= prudente).

Ovidio negli “Amores” sostiene che essa restò “incontaminata”.  Nelle “Heroides” lo scrittore dà la parola a Penelope, che si strugge per l’assenza dell’amato consorte.

Invece nel manuale di mitografia titolato “Biblioteca”, suddiviso in tre libri, attribuito ad Apollodoro di Atene (180 a. C. – 120 circa a. C.), convenzionalmente indicato con il nome di “Pseudo Apollodoro”,  questo autore  riscrisse il finale dell’Odissea: Ulisse scopre Penelope insieme a uno dei Proci: Antinoo, il capo dei pretendenti, che viene ucciso per primo. 

Se Penelope fosse nata  nel nostro tempo  cosa direbbe lei stessa  delle versioni mitiche che la riguardano ?

Il mito, “demitizzato”, evidenzia Penelope non come una donna sottomessa e passiva, infatti  riesce a governare Itaca  per vent’anni  e a tenere lontani dal trono 108 giovani pretendenti.

Nel poema omerico più volte compare  nei suoi confronti gli epiteti “perifron” (= scaltra) e “metis” (= astuta”) come il marito. 



John William Waterhouse, Penelope e i corteggiatori,  olio su tela, 1912, Aberdeen Art Gallery & Museums, Regno Unito

Il dipinto raffigura alcuni corteggiatori; quello al centro tenta di offrirle un mazzo di fiori, ma lei, in compagnia delle sue ancelle,  continua a lavorare al telaio.  Quel suo voltare le spalle ai pretendenti evidenzia l’atteggiamento della donna nei loro confronti.
« Ultima modifica: Settembre 24, 2024, 23:00:23 da Doxa »

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Re:Penelope
« Risposta #4 il: Settembre 24, 2024, 18:24:46 »


 

Itaca: in lingua greca Ithaki. E’un’isola nel Mar Ionio, nota per essere stata la patria di Ulisse , antico re dell’isola.

La piccola città portuale di Vathy è il capoluogo, con case in stile veneziano.

L'isola è composta da una parte nord e una parte sud, collegate dall'istmo di Aetos largo appena 600 m nel punto più stretto.

Gli scavi archeologici hanno rilevato che nel XXII sec. a. C. Itaca era già abitata.

I Romani la occuparono nel II sec. a. C., in seguito divenne parte dell’impero bizantino.


Itaca è anche il titolo della poesia scritta da Konstantinos Petrou Kavafis, noto in Italia come Costantino Kavafis. La scrisse nel 1911 pensando al viaggio di Ulisse-Odisseo. Il poeta afferma che non bisogna avere fretta di giungere a destinazione, l’importante è il viaggio non la meta, per vedere, conoscere, apprendere, fare esperienze durante il percorso. E se il punto di arrivo sarà deludente non si dovrà essere tristi, perché la metaforica Itaca ci ha motivati ad intraprendere il viaggio.

“Itaca”

Se cerchi la tua strada verso Itaca
spera in un viaggio lungo,
avventuroso e pieno di scoperte.
I Lestrigoni e i Ciclopi non temerli,
non temere l’ira di Poseidone.
[…]
Pensa a Itaca, sempre,
il tuo destino ti ci porterà.
Non hai bisogno di affrettare il viaggio;
fa’ che esso duri anni, bellissimi,
e che tu arrivi all’isola ormai vecchio,
ricco di insegnamenti appresi in via.

Non sperare ti giungano ricchezze:
il regalo di Itaca è il bel viaggio,
senza di lei non lo avresti intrapreso.

Di più non ha da darti.
E se ti appare povera all’arrivo,
non t’ha ingannato.

Con la saggezza e l’esperienza
avrai capito un’Itaca cos’è.


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Re:Penelope
« Risposta #5 il: Settembre 24, 2024, 18:28:21 »
Quando penso a Penelope  me la raffiguro soltanto nelle sembianze dell’attrice greca Irene Papas (1926 – 2022), forse perché l’ho vista nel 1968  nell’Odissea,  film a colori e a  puntate  trasmesse dalla Rai. Secondo me la defunta Irene aveva il viso adatto per quel ruolo.




Il ruolo di Ulisse era interpretato dall’attore serbo-croato  Bekim Fehmiu


 



 
Bekim Fehmiu (Ulisse) e Irene Papas (Penelope)

Il poema omerico ci racconta del ritorno di Odisseo ad Itaca, della sua vendetta contro i Proci e del ricongiungimento con Penelope.
Invece la grecista Maria Grazia Ciani nel suo libro titolato “La morte di Penelope” ci propone una storia diversa. Essa infatti riprende quanto riportato da Apollodoro  di Atene nel libro “Biblioteca”, nel quale racconta che la regina di Itaca fu sedotta da Antinoo e che Odisseo la rimandò  a Sparta da suo padre,  il re Icario.

Nell’antica Grecia le donne erano di proprietà dei padri e dei mariti. Odisseo sposò Penelope dopo essersela aggiudicata ad una gara di corsa indetta da Icario per scegliere un compagno per la figlia.

Nel testo della Ciani,   Ulisse tornato ad Itaca, si accorge della tresca tra Penelope ed Antinoo e uccide entrambi, riservando alla moglie l’ultima freccia del suo arco. In pratica uno scenario opposto a quello prospettato da Omero.

Dante Alighieri nella “Commedia”, canto XXVI dell'Inferno, narra l'episodio post-omerico del viaggio di Ulisse. Il poeta fiorentino immagina che l'astuto re di Itaca, dopo aver concluso le sue avventure narrate nell'Odissea, intraprenda un'ultima fatale spedizione.

Ulisse, motivato dal desiderio di conoscenza e di esplorazione, persuade i suoi anziani compagni a navigare oltre le Colonne d'Ercole, confine tradizionale del mondo conosciuto, per scoprire ciò che giace oltre. Questo viaggio simboleggia la voglia di sapere dell’individuo,  ma anche la sua hybris, la presunzione di superare i limiti imposti dalla divinità, che nell'antichità era considerata una grave colpa.

L'audace viaggio di Ulisse si conclude con una severa punizione, che riflette la visione medievale della giustizia divina. Dopo un lungo viaggio, Ulisse e i suoi compagni scorgono una montagna imponente, che si rivela essere il monte del Purgatorio, ma prima che possano approdare, un vortice divino colpisce la loro nave, facendola naufragare. Questo epilogo tragico sottolinea il concetto di giustizia divina che pervade l'opera di Dante: nessun uomo può sfuggire al castigo se osa sfidare l'ordine stabilito da Dio.
« Ultima modifica: Settembre 24, 2024, 19:33:27 da Doxa »

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Re:Penelope
« Risposta #6 il: Ottobre 04, 2024, 19:24:01 »
Ulisse tornò ad Itaca dopo venti anni solo perché amava Penelope ed era re dell’isola ? 

Allora perché decise, ancora una volta, di lasciare  il suo regno e con i suoi compagni intraprendere un altro viaggio, quello nefasto, secondo Dante Alighieri ?(Inferno, canto XXVI).
 
Forse l’eroe fece credere a Penelope  di essere  caratterialmente rimasto quel che era vent’anni prima e che  per lui nulla era cambiato ? 

La permanenza ad Itaca  lo fece consapevole che la moglie non era più quel che lui pensava ?  O lui smise di amarla e desiderarla ?

Probabilmente nella sua isola si stava  annoiando,  e Ulisse preferì ripartire con i suoi compagni di avventure  per un altro viaggio conoscitivo, ma fu quello senza ritorno.


Le cosiddette  “Colonne d’Ercole” hanno rappresentato fino al Medioevo  il limite ultimo e invalicabile della Terra conosciuta. Secondo il mito, Ercole pose le “colonne” ai lati dello Stretto di Gibilterra.

Per Odisseo quest’ultimo viaggio  non fu il fato a volerlo ma una sua scelta.

Pensando alla sua decisione,  il mio pensiero corre allo psicologo statunitense Julian Bernard Rotter (1916 – 2014), conosciuto per aver sviluppato la teoria dell’apprendimento sociale elaborata da Albert Bandura  e per  il “locus of control” (= luogo di controllo).

In psicologia ci sono due “locus of control”:

il luogo di controllo interno o interiore,  è quello posseduto dagli individui che credono nella propria capacità di controllare gli eventi. Questi soggetti attribuiscono i loro successi o insuccessi a fattori direttamente collegati all'esercizio delle proprie abilità, volontà e capacità;

il luogo di controllo esterno, posseduto da coloro che credono che gli eventi della vita, come premi o punizioni, non siano il risultato dell'esercizio diretto di capacità personali, ma dall’esito di fattori esterni imprevedibili, come  la fortuna o il fato.

Nel primo caso  è Ulisse l'agente, nel bene e nel male, che decide del proprio destino; nel secondo, invece,  Odisseo  crede  che siano fattori esterni a condizionare la sua vita.