L'ebreo errante è un personaggio della mitologia cristiana, protagonista di un racconto popolare che ebbe numerose elaborazioni nelle letterature europee.
Tale racconto è basato su alcuni passi evangelici, quello di Matteo (16, 28): “In verità io vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non moriranno, prima di aver visto venire il Figlio dell'uomo con il suo regno".
E quello di Giovanni (21, 23): “Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto.”[ …].
Nei secoli successivi numerose furono le interpretazioni in merito.
La cronaca anonima di un monaco cistercense dell’abbazia di Santa Maria della Ferraria, a Vairano Patenora, in provincia di Caserta, riferisce che nel 1223 giunsero nella badia dei pellegrini europei. Questi testimoniarono d'aver incontrato, in Armenia “quendam Judaeum” un ebreo che vagava da secoli per l'Europa.
Durante la Passione sulla strada che conduce al Calvario, Gesù gli avrebbe detto: “ego vado et tu expectabis me donec revertar” (= io vado e tu mi aspetterai fino al mio ritorno).
Le caratteristiche dell'errabondo variano a seconda delle differenti versioni del mitico racconto: a volte si dice sia un ciabattino di nome Assuero o Isaac Laquedem.
Nel periodo del Romanticismo, movimento artistico e culturale europeo, originato in Germania nel XVIII secolo, al leggendario Assuero furono attribuiti significati simbolici: rappresentante del suo popolo, tenace e perseguitato; negatore di Dio, con cui si riconcilia dopo una lunga espiazione; oppure simbolo dell’interminabile cammino dell’umanità, anelante alla pace e alla giustizia.