Autore Topic: Viola (prologo)  (Letto 853 volte)

eziodellagondola

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Viola (prologo)
« il: Luglio 14, 2011, 08:31:17 »
Fulvio non poteva credere che fosse davvero finita: ora si trovava immerso come in una bambagia neutra, che lo avvolgeva e lo cullava, impedendogli di pensare, ma anche di soffrire e di mettere in atto propositi insani: anche se il primo pensiero che gli aveva attraversato la mente quella sera che furente Sandra lo aveva lasciato solo in casa, a meditare sui suoi errori era parsa unica possibile via d’uscita, la rinuncia a vivere, che tanto la sua vita senza Sandra sarebbe stata un insulso trascinarsi verso una fine ancora più ingloriosa, verso una vergognosa consunzione; perché sapeva che Sandra per nulla al mondo sarebbe tornata sui suoi passi. Mai in vita sua aveva messo in discussione una decisione presa, anche se sotto la spinta dell’ira e della umiliazione.
Sandra sapeva sempre alla perfezione quale sarebbe stata la strada migliore da intraprendere, in ogni momento ed in ogni circostanza: non certo come Fulvio, eternamente in bilico, vittima e schiavo dei propri dubbi, sia quelli esistenziali che le banali incertezze del quotidiano; odiava scegliere e per non doverlo fare rinunciava volentieri anche ai propri gusti: era la moglie che ogni mattina decideva come Fulvio doveva vestire quel giorno, se indossare giacca e cravatta o buttarsi sullo sportivo; e se la scelta fosse caduta sul classico, anche la cravatta, pescata nella cospicua collezione di Fulvio, era soggetta al vaglio attento di Sandra, che badava non solo all’accordo cromatico dell’accessorio con il tono dell’abito, ma si sforzava di interpretare l’umore e lo spirito della giornata del marito, addirittura in modo indipendente da lui stesso: quante volte, svegliatosi di cattivo umore, Fulvio era andato allegramente al lavoro solo perché Sandra aveva scelto per lui una cravatta spiritosa, magari una delle tante dedicate ai maiali. Fulvio ne aveva una raccolta notevole e soleva scherzare asserendo che la cravatta era un suo speciale biglietto da visita, una specie di avvertimento: “Così le mie donne sanno cosa aspettarsi”.
In realtà non c’erano donne che da Fulvio si aspettassero alcunché: il suo era solo uno stilema, un adeguarsi al tipico atteggiamento da macho italico, che comunque non gli si addiceva.
Monogamo più per pigrizia che per vocazione, Fulvio non si era mai concesso alcuna scappatella extraconiugale, per tutti i vent’anni di matrimonio, quei vent’anni di cui ora cominciava a rimpiangere ogni istante.
Ancora si chiedeva come e perché avesse stupidamente rovinato la sua vita; soprattutto si interrogava sul fatto che comunque si ritrovava ora con un pugno di mosche: una avventura, peraltro neanche cominciata, aveva cancellato tanti anni di vita in due, così, in un attimo, e Fulvio ne era rimasto stordito
Questo tentativo di avventura era in effetti qualcosa di banalmente incredibile.
Fulvio improvvisamente, senza una ragione profonda, pensò di essersi innamorato di una ragazzetta che poteva benissimo essere sua figlia: venticinque anni, alta, slanciata e bionda; tutto qui!
Era la nuova cuoca della mensa aziendale e non c’era mai stata nemmeno una parola tra loro, Fulvio non sapeva di lei altro che il nome, Amanda, e tanto gli era bastato per credersi perdutamente innamorato; di belle donne Fulvio ne aveva sicuramente incrociate parecchie ma nessuna aveva avuto il potere di attrarlo come Amanda; era conscio che si trattava di una attrazione fisica, ancorché speciale, in quanto isolata, anzi unica in un quarantacinquenne che si riteneva al riparo da qualsiasi infatuazione. Ma questa presa di coscienza non gli impedì di cullare l’illusione che si trattasse di qualcosa di diverso, di aver trovato finalmente il grande amore. Nemmeno Sandra era stata così sconvolgente nella vita di Fulvio; assieme fin dall’infanzia, i due erano quasi predestinati: le famiglie erano amiche e da sempre era aleggiato il progetto che Sandra e Fulvio ne costituissero l’unione definitiva; quindi, trascorsi insieme fanciullezza ed adolescenza, non appena i giovani furono giudicati maturi, cioè dopo la laurea di entrambi, le predestinate nozze avevano sancito definitivamente il loro essere coppia.
C’era tra loro un affetto assai intenso, ma non si può dire che vi fosse un amore travolgente, come Fulvio immaginava dovesse essere il grande amore. Stavano bene assieme, ma il loro stare insieme era un quieto vivere pantofolaio, felice e senza scosse; ma anche senza impeto, passione. E Fulvio covava in se questa carenza, questa voglia inconfessata di qualcosa di speciale, di unico.
Così quando mise gli occhi su Amanda sentì, sbagliando grossolanamente, che poteva essere la volta buona; mise allora da parte ogni scrupolo e cominciò a corteggiare la ragazza in modo discreto ma insistente; lei, pur lusingata da tanto interesse, non si sognò nemmeno di dar retta a questo pur “simpatico” cliente, poiché la simpatia non le pareva motivo sufficiente per imbastire una relazione con un uomo molto più vecchio di lei e per giunta sposato.
Il fatto che Amanda fingesse di non accorgersi della corte spietata di Fulvio non dissuadeva l’impertinente dai suoi propositi, che anzi la difficoltà della conquista rendeva ancora più interessante ed eccitante l’impresa.
Perciò, nonostante un nulla di fatto, il comportamento strano del marito non poteva non farsi notare da Sandra, sempre attenta ai cambi di umore del suo sposo.
Il modo più semplice per sapere le cose tra due persone in grande confidenza è una domanda diretta, che Sandra pose, ma Fulvio nicchiò e per la prima volta in vita sua mentì a Sandra.
“Non ho nulla di speciale; forse sono un poco stressato dal lavoro, è un periodo di grandi manovre in ufficio, si stanno decidendo le nomine di quanti dovranno rimpiazzare ben tre capi divisione andati in pensione; sai che della carriera non mi importa molto, ma il salto retributivo sarebbe notevole, e credo di essere in pista in posizione molto favorevole”.
Sandra non se la bevve, ma non era sua abitudine contestare quel che Fulvio le raccontava; perciò la questione morì li.
Ma intanto il tarlo del dubbio, unito disastrosamente al senso di colpa contribuiva a rendere sempre più cupo l’umore di Fulvio, che accumula stress come in una pentola a pressione; ma prima o poi questa tensione sarebbe scoppiata, e gli effetti di tale deflagrazione Fulvio si immaginava bene sarebbero stati devastanti; e lo furono.
Quando finalmente si decise a vuotare il sacco, Fulvio sperimentò di fatto quello che in cuor suo aveva temuto, quello per cui si era deciso a mettere in atto la prima grande menzogna della sua vita, una omissione pericolosa, ma dalla vita corta.
Messa al corrente degli interessi extraconiugali del marito, Sandra reagì purtroppo come Fulvio aveva immaginato: furente abbandonò casa e marito, ben decisa a non ritornare sui suoi passi.
A Fulvio non rimase che raccogliere i cocci di una esistenza sbagliata, resa quasi insopportabile da un unico piccolo grande errore.
eziodellagondola

presenza

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Re: Viola (prologo)
« Risposta #1 il: Luglio 20, 2011, 22:10:48 »
Mi sembra poco per una coppia collaudata, lasciare il proprio uomo senza un reale tradimento, e poi che fine ha fatto Amanda, cancellata e ingoiata nel nulla... eppure proprio lei è stata la causa...

nihil

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Re: Viola (prologo)
« Risposta #2 il: Settembre 13, 2011, 08:32:19 »
secondo me Fulvio inconsciamente si è voluto liberare di una moglie asfissiante, che lo pilotava in ogni scelta. E' vero gli errori si pagano, ma a volte alla lunga possono essere appaganti. :kiss:

victor

  • Mucca Cin Cin
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Re: Viola (prologo)
« Risposta #3 il: Ottobre 01, 2011, 22:23:44 »

Bellissimo lo stile, come piace a me …
Il duro impegno per l'acquisizione delle competenze, la passione e le doti personali creano eccellenza ... e distinguono il professionista dal lavoratore ... Victor