A Parigi, nel Musée des arts decoratifs, c'è la mostra dedicata a peli e capelli.
Il giornalista Fulvio Irace ne ha scritto un articolo per il quotidiano Il Sole 24 Ore del del 28 – 5 – 2023.
In sintesi egli evidenzia che peli e capelli da secoli partecipano alla costruzione delle apparenze, Essi mostrano il modo in cui ci vediamo e quella in cui vogliamo rappresentarci agli altri. Evidenziano l’esibizionismo che ogni classe sociale in un determinato periodo ritiene appropriato al suo status. Sono presunti simboli identificativi o dissimulazioni del vero sé.
Adamo, il primo uomo, è quasi sempre rappresentato con la barba, ma nel Medioevo veniva raccomandato ai maschi di radersi spesso per non sembrare dei selvaggi.
Per secoli barbieri e parrucchiere si sono affaccendati sui capelli e altri peli, anche per farci esprimere l’appartenenza sociale a una comunità o la ribellione, l’adesione o la contestazione.
Acconciarsi, depilarsi,: molte donne devono affrontare i peli nelle gambe, i maschi quelli sul torso.
Nel XII secolo il priore di Visegois (dove sia questa località non lo so) scrisse: “oggi tutti i giovani si lasciano crescere i capelli, che prima tagliavano per esibire lunghe barbe; mentre ora persino i contadini e i più umili valletti si fanno rasare”.
Nei secoli successivi, quando le corti italiane dettavano la moda in Europa, il cortigiano e diplomatico Baldassarre Castiglione (1478 – 1529) ne “Il Cortigiano”, pubblicato nel 1528 e ambientato alla corte di Urbino, tratta in forma dialogata di quali siano gli atteggiamenti più consoni a un uomo di corte e a una “dama di palazzo”. Esorta gli uomini a non comportarsi come le donne, increspandosi i capelli e radendosi le sopracciglia. Da evitare anche la tintura dei capelli e di radersi due volte la settimana.
Fino agli anni '50 del secolo scorso le persone affette da iper-tricosi o irsutismo venivano esibite nelle fiere come fenomeni della natura. Inoltre, molti uomini credevano che i baffi erano una manifestazione di “eleganza”. Ma era soltanto moda.
Ispidi baffi o volti depilati non hanno mai smesso di apparire o scomparire per periodi di tempo.
Negli anni ’60 dello scorso secolo nei maschi i capelli lunghi furono uno dei simboli più vistosi della contestazione giovanile, dei “flower children”, della beat generation americana, poi dei punk negli anni ’80.
Barbe e capelli possono diventare “manifesti di contro-cultura”, di mobilitazione politica e contestataria, come le “Black Panther” afro-americane.
Creste psichedeliche e crani rasati alla skinhead sono stati vessilli di clan contrapposti, di segnali sociali.
Pacifisti e riformatori, esistenzialisti, antisociali e violenti, tutti i protagonisti delle più varie forme di ribellione che si sono succedute dal dopoguerra a oggi hanno fatto delle barbe e dei capelli campi di battaglia contro l’autorità genitoriale e “l’ordine borghese”, utilizzando il corpo come vetrina del disagio e della contestazione: corti o lunghi, rasati o spettinati, tinti o naturali, i capelli possono essere usati come segnali di riconoscimento politico. Sono messaggi espliciti di cosa vorremmo essere, ma anche strumenti di dissimulazione del nostro vero essere.